Banalità del male

Minniti Gentilonidi Mario Pezzella

Continua a stupirci che nell’immediato dopoguerra molti tedeschi dicessero di non sapere ciò che avveniva nei campi o di averne avuto una percezione solo vaga e confusa, anche quando abitavano a poca distanza da essi. Non sempre mentivano; solo che non era vera o semplice la loro ignoranza, era piuttosto un non voler sapere, un rifiuto della propria responsabilità diretta o indiretta in quanto stava accadendo. Perfino Eichmann, nel processo a Gerusalemme, dichiarò di non sentirsi responsabile di quel che avveniva nei campi: lui non aveva partecipato direttamente a nessuna uccisione. Si era limitato a fornire gli strumenti tecnici ed economici perché i campi fossero resi possibili.

Il governo italiano sta ora provvedendo agli strumenti economici e tecnici perché siano resi possibili campi di detenzione in Libia, dove il trattamento subito dai migranti è comparabile a quello dei campi nazisti (anche se per ora, almeno si spera, non si può parlare di genocidio organizzato). In particolare vengono direttamente pagati i sicari e i torturatori che li gestiscono. In quei campi, per quel poco che trapela dai media, si stanno commettendo crimini contro l’umanità. La posizione morale del nostro governo non è poi così dissimile (a parte la scala numerica del fenomeno) da quella di Eichmann: anche il nostro ministro degli interni non partecipa direttamente alle uccisioni, agli stupri, alle torture, allo sfruttamento schiavistico del lavoro, che avvengono nei campi in Libia. Si limita a fornire gli strumenti tecnici ed economici perché siano resi possibili. Se un giorno qualcuno ci accusasse di aver tollerato un simile inaccettabile stato di cose, forse risponderemmo anche noi che non sapevamo. Solo che tale risposta è ancora più falsa di quella dei tedeschi nel dopoguerra: è invece evidente che noi non vogliamo sapere. Gli storici del futuro conosceranno forse il numero e l’entità dei crimini e delle vittime e ci accuseranno di aver tollerato il male nell’indifferenza e nel silenzio. Forse si stupiranno che in un’epoca in cui comunicazione e informazione sono così invadenti e generalizzate, qualcuno possa assumere la stessa morale di Eichmann e non ritenersi responsabile di ciò che i nostri governanti stanno facendo, da noi eletti e in nostro nome.

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