Primavera socialista labour

Labourdi Rino Genovese

Dunque è ormai chiaro: c’è un’ampia fetta di elettorato di sinistra che non ne può più della solita minestra centrista-neoliberista soft. L’elezione di Jeremy Corbyn alla testa del Labour (uno dei partiti storici del socialismo europeo), con quasi il 60% dei voti, su un programma contrario all’austerità e a favore di una ripresa della spesa pubblica, all’interno di una ventata culturale – vorrei dire perfino prepolitica – socialista, è il segnale che si aspettava. Senza una riforma dall’interno dei vecchi partiti, con un semplice movimentismo gruppettaro o con coalizioni tra spezzoni di ceto politico (come ha dimostrato di essere anche Syriza), non può essere sviluppata la lotta contro l’austerità europea, che è oggi la premessa per qualsiasi passo successivo. In fondo la battuta di arresto di Tsipras è stata determinata da questo: il leader greco è stato lasciato solo: né gli Hollande né i Gabriel si sono spostati nemmeno di un millimetro dalle loro posizioni nient’affatto socialdemocratiche ma semplicemente social-liberali.

Socialismo versus liberalismo: il confronto a sinistra nel medio periodo sarà questo. Ed è estremamente significativo che la ventata socialista provenga dall’isola britannica, con un Pil piuttosto ben messo e una disoccupazione decrescente, in virtù della estrema flessibilizzazione e precarizzazione del lavoro: è un sussulto di dignità a sinistra, un desiderio di giustizia sociale nella ripartizione delle risorse, il sogno di un mondo diverso da quello del mito della meritocrazia per pochi e dell’effettivo sbarcare il lunario per molti, ciò che si vede nella scelta di Corbyn.

Ma – si dice – uno come il nuovo leader laburista non potrà mai vincere le elezioni, e così i conservatori governeranno ancora per chissà quanti anni. A parte il fatto che bisognerà tenere d’occhio l’evolversi delle cose (tra parentesi, non è detto neanche che Corbyn ce la faccia a tenere insieme un partito complesso come il Labour), il punto non è qui. Per dei socialisti, che pure intendono governare, vincere le elezioni non è un orizzonte esclusivo. Se per vincerle devi snaturarti, cancellare la tua identità, allora meglio perderle e restare all’opposizione. Per quanto tempo? Per il tempo necessario a costruire, in ciascun paese con diverse modalità, l’alternativa socialista europea. L’Europa – che i britannici vi rimangano o ne escano – non può essere quella che abbiamo conosciuta negli ultimi anni. Dal Labour, come da altre esperienze, arriva il segnale del cambiamento.

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