Intervenire in Libia?

Roberta Pinottidi Rino Genovese

“Il ruolo di guida nella missione libica ci viene riconosciuto perché siamo fra i Paesi che hanno qualcosa da dire”: così Roberta Pinotti, ministro della difesa, in un’intervista al Corriere della sera. Che cosa ha da dire l’Italia sulla Libia? Che cosa ha detto negli ultimi anni, in particolare dal 2011 a oggi, e nel passato cosa ha detto?

Un secolo fa la Libia era la terra promessa della “grande proletaria” che cominciava appena a muoversi nell’ambito delle potenze coloniali dell’epoca. Successivamente fu la base dei primi esperimenti fascisti di sterminio di massa: l’Italia, in terra nordafricana, si presentò con i nomi di De Bono, Graziani, Badoglio, nessuno dei quali mai processato come criminale di guerra. Tutt’altra musica, naturalmente, dopo Gheddafi e il suo colpo di Stato. La Libia diviene allora un partner per ottimi affari (il petrolio, certo, ma non solo): e poco importa che il dittatore libico, sotto la veste antimperialista, sia uno spietato autocrate tribale. Il berlusconismo di governo, soprattutto, gli fa ponti d’oro, salvo poi abbandonarlo quando ha inizio la rivolta…

Arriviamo così all’oggi. Il nostro paese, con la leadership della Francia, collabora a creare il caos in quel paese (lo riconosce lo stesso attuale presidente del Consiglio). C’era stata una risoluzione dell’Onu vòlta a impedire a Gheddafi di bombardare una città ribelle: ma la Francia di Sarkozy, trascinandosi dietro un Obama riluttante e andando molto al di là di quanto stabilito dall’Onu, pensò bene di farla finita con il dittatore libico. Detto e fatto: Gheddafi di lì a poco è catturato e brutalmente linciato, ma, lungi dall’essere la fine di un dramma, è solo l’inizio di un altro. Da quel momento la Libia non trova più pace: diventa una Somalia del nord. Se prima i poveri cristi in fuga dalla miseria e dalle guerre erano – per un accordo con l’Italia – tenuti prigionieri da Gheddafi in condizioni disumane, ora sono liberi di attraversare il Mediterraneo a proprio rischio… È un fenomeno caratteristico: sei l’ex potenza coloniale della zona? allora devi farti carico della massima pressione da parte dei migranti – a riprova del fatto che c’è un nesso storico causale tra colonialismo, decolonizzazione fallita o andata a male (vedi appunto Gheddafi) e sviluppi caotici successivi.

Per farla breve, le cronache raccontano che gruppi terroristici collegabili al cosiddetto temibile Stato islamico si sono installati in Libia. Bisogna andare a bombardarli? Si sa che tutto dipende dalla costituzione e dall’effettivo funzionamento sul territorio di un governo di unità nazionale. La comunità internazionale si è adoprata per arrivarci. Dopo di ciò, possono cominciare i bombardamenti… Ma perché l’Italia? A essere rigorosi, è una forza internazionale dell’Onu che dovrebbe intervenire in Libia in appoggio al governo di unità nazionale di quel paese (sempre che riesca a funzionare), non una ex potenza coloniale come l’Italia. Anzi, diplomazia vorrebbe che proprio il paese dello sterminio prima, degli affari poi, restasse fuori dall’impresa.

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