LINEE DELLA CRITICA ARIOSTESCA DAL 1950 AD OGGI

di Rosanna Alhaique Pettinelli

Nel 1951 Walter Binni, concludendo la sua Storia della critica ariostesca[1], indicava possibili linee di sviluppo a cui doveva essere sottesa una volontà di «interpretazione storica integrale delle condizioni in cui sorge e si alimenta la poesia ariostesca». Bisognava dunque, a suo avviso, approfondire «la conoscenza dei rapporti fra l’Ariosto e il suo tempo e insieme quella dello svolgimento concreto della poesia ariostesca nel suo nucleo ispirativo, dalle opere minori al capolavoro», cogliendo, in quest’ultimo, «l’attivo operare della fantasia, il suo muoversi e il suo concretarsi mediante propri mezzi espressivi in opera conclusa e perfetta, ma sentita sempre nel suo intimo dinamismo, nella sua inesauribile vitalità»[2]. Cosí lo studioso, dopo essersi messo alla prova in una lettura integrale dell’opera ariostesca[3], nel momento in cui dava corpo all’esigenza di ripercorrere l’itinerario degli interventi dedicati nel tempo al poeta ferrarese e, particolarmente, di fare il punto sulla critica novecentesca, apriva la via a impianti interpretativi capaci di spostare in prospettiva l’asse di un giudizio critico consolidato.

Il Binni, dopo la tappa fondamentale di Metodo e poesia, proseguirà questo progressivo ma radicale allontanamento da una lettura critica di ispirazione crociana attraverso interventi spaziati nel tempo nei quali saranno svolti e approfonditi elementi germinalmente presenti sin nei primissimi suoi studi[4]. Nel Ludovico Ariosto del 1968 e ancor piú nel saggio sulle Lettere e le Satire[5] viene evidenziata, con sempre maggiore chiarezza, la grande e complessa personalità umana ed artistica dell’Ariosto e riletta la sua opera alla luce di uno storicismo integrale che, utilizzando, tra gli altri, lo strumento della «biografia critica»[6], fa della analisi di due opere minori il perno di una importante, anche se sintetica, rilettura del Furioso: Binni, che in Poetica, critica e storia letteraria aveva teorizzato che «l’arte è parte di storia, e interviene nella storia con una sua forza autentica e non come illustrazione e documento», e ciò «solo in quanto commuta forze ed esperienze vitali e storiche in tensione artistica e in opere artistiche»[7], giungerà cosí ad affermare che l’Ariosto

con la grandissima poesia del Furioso (ma anche con tutta la sua presenza poetica) appare storicamente un altissimo collaboratore critico (ad ogni livello ideologico, culturale, artistico) della civiltà rinascimentale, di cui individua e combatte i disvalori e falsi valori crescenti e di cui sostiene, con forza personalissima, i valori fondamentali, aprendo la via ad una concezione moderna della vita[8].

Può quindi dirsi che il percorso binniano in relazione all’Ariosto è paradigmatico della piú complessiva evoluzione della critica ariostesca dall’immediato dopoguerra in avanti, per la quale giustamente Baldassarri ha infatti parlato di «un continuum entro cui istanze ben precise di revisione delle soluzioni del problema critico ariostesco proposte dai grossi contributi primonovecenteschi (in primo luogo dal fondamentale saggio crociano) sono venute gradualmente maturando – magari non senza incertezze – fino a condurre a uno spostamento deciso e globale dei termini stessi del problema»[9].

In questo distacco non traumatico ma decisivo, e certo prodotto dall’esigenza di determinare e definire con maggiore concretezza quel principio ispiratore unitario del Furioso che il Croce aveva espresso, e nella volontà di raccordare alla storia e alla cultura rinascimentali non solo il capolavoro ma l’autore stesso e tutta la sua opera, negli anni Cinquanta troviamo anche impegnati, magari secondo metodologie e su tematiche differenti, studiosi come Cappellani, De Blasi, Ramat, Caretti, Marti[10]. È chiaro che l’immagine del Rinascimento a cui allora ci si rifaceva era ancora (sotto il profilo spaziale e temporale) ampia, omogenea e sostanzialmente armonica e solare, anche se ben presto nuovi contributi storici e critico-letterari avrebbero cominciato a delineare, con una scansione ben piú articolata, scenari piú complessi ed inquieti. Vanno comunque ricordati, in chiara polemica antiidealistica, gli scritti di Battaglia e Piromalli[11] che, pur nel loro schematismo ideologico e con conclusioni da Binni dichiarate inaccettabili, stanno ad indicare l’esigenza di dare all’Ariosto ed alla sua opera un retroterra politico, socioeconomico e culturale piú concreto e meglio tratteggiato nelle sue caratteristiche. Nel 1958 la riedizione ampliata de La congiura di Don Giulio d’Este di Bacchelli[12] tornava a sottolineare il coinvolgimento dell’Ariosto nella politica estense cosí come farà un saggio di Scevola Mariotti[13]. Attenti alle vicende della cultura ferrarese tra Quattro e Cinquecento appaiono, negli stessi anni, Giovanni Getto ed Eugenio Garin[14].

È indubbio che, contemporaneamente, ad un piú puntuale inquadramento storico-culturale dell’opera ariostesca e, all’interno di essa, ad una lettura piú scandita e attenta delle opere minori[15] contribuirono in maniera determinante i frutti copiosi di quell’approccio filologico che, relegato apparentemente in posizione subalterna dall’estetica crociana, è stato fondamentale per gli svolgimenti successivi della critica ariostesca. È interessante come lo stesso Binni, che già da allora si muoveva secondo linee differenti, avesse rilevato il valore di strumento critico, di chiave interpretativa della poesia, che avevano avuto gli studi di Debenedetti e Contini[16], che

rafforzavano una direzione importantissima di studi sulle varianti, sulla elaborazione del poema, sulle sue tre redazioni. Studi che ci sembrano davvero indispensabili ad incarnare l’esigenza contemporanea e postcrociana di una critica che, senza perdere la essenziale tensione alla definizione centrale e alla distinzione del valore poetico, punti soprattutto sulla formazione, sullo svolgimento, sulla vita dinamica dell’opera d’arte, sull’intreccio di poetica e poesia in cui il poeta risente ed utilizza liberamente, per la realizzazione della sua opera, la tradizione letteraria, le condizioni del gusto del suo tempo e attraverso questo (in simpatia o in reazione, che è sempre contatto) il piú vario e profondo fremere della vita storica[17].

Dagli inizi degli anni Cinquanta si sono cosí succedute le edizioni delle opere ariostesche, dal corpus preparato per la Ricciardi dal Caretti e da Cesare Segre, all’edizione del Furioso che lo stesso Segre diede alle stampe nel 1960, facendola seguire da quella mondadoriana del ’64; nel 1965 usciva l’edizione critica delle Lettere curata dallo Stella[18].

La disponibilità in forma filologicamente corretta degli scritti ariosteschi e, in particolare, la possibilità di una lettura diacronica del poema sollecitarono interventi capaci di muovere profondamente, e in piú direzioni, le prospettive critiche relative all’Ariosto: vide cosí la luce una ricca messe di studi centrati sugli aspetti stilistici, metrici e linguistici della sua opera e su una piú intensa connessione di questa con la realtà storica, politica e culturale dell’Italia del primo Cinquecento.

Il primo tipo di approccio serví, dopo gli studi di Contini, Migliorini, Terracini e De Robertis[19], a ribadire, nell’ottica di una specifica metodologia, le linee di tendenza dell’arte ariostesca e la congruenza della poetica ad essa sottesa con i piú generali orientamenti dell’estetica primorinascimentale: ricorderemo cosí i saggi di Turolla, della Carini, di Bigi, Blasucci, Bastiaensen, Fubini e dello stesso Segre[20].

Alcuni di questi studiosi avviarono pure feconde puntualizzazioni in merito alla formazione culturale dell’Ariosto ed agli auctores presenti nella sua “biblioteca”. Assieme al Blasucci, a Ponte, Bigi, Petrocchi, Saccone[21], va citato ancora una volta il Segre il quale, in Esperienze ariostesche, raccolse una serie di saggi che, nati dal vivo operare del filologo, hanno contribuito ad indirizzare la critica ariostesca verso nuovi e fruttuosi ambiti di ricerca: dallo studio, appunto, sulla «biblioteca ideale» dell’Ariosto a quello che si soffermava sui modi della presenza di Dante nel Furioso, a quelli che del poema offrivano una distesa lettura o cominciavano a tracciare la storia interna attraverso le tre edizioni[22].

A suscitare l’esigenza di una rilettura della elaborazione del Furioso nelle sue varie fasi aveva certo contribuito in modo particolare l’edizione critica dei Cinque Canti che il Segre aveva curato accompagnandola con saggi anch’essi rifluiti in Esperienze ariostesche[23]. Dopo di lui altri studiosi, quali il Saccone, il Fontana, il Capra ma soprattutto Carlo Dionisotti[24], affrontando, con esiti differenti, il problema della datazione di questa “giunta”, furono indotti comunque a riflettere sulle cause del diverso tono che la caratterizza rispetto al Furioso, individuandole, anche se sulla base di riflessioni variamente argomentate, in una situazione di crisi personale e storica: sicché, come opportunamente ha sintetizzato il Bigi,

proprio attraverso le discussioni attorno a quest’opera, mal collocabile entro la prospettiva “armoniosa” della carriera poetica ariostesca, si è venuto ponendo il problema di ricostruire quella carriera senza cedere alla pur potente suggestione finalistica dell’ultimo Furioso e invece spregiudicatamente delineandola attraverso il tempo e nel suo rapporto con il vario svolgimento della personalità umana e culturale del poeta[25].

Quali che siano le conclusioni a cui gli studiosi allora pervennero, è indubbio che esse hanno influito sulla valutazione dei momenti compositivi del poema e della loro interrelazione con le altre opere ariostesche, prime fra tutte le Satire, ma anche con quelle opere che avevano tratto spunto dalla fortuna arrisa alla scelta ariostesca in direzione del genere cavalleresco[26]. Si può cosí osservare che, se quella diversa immagine di Rinascimento che era andata chiarendosi ad opera di studiosi di diverse discipline ha certo influenzato questa nuova lettura del Furioso e dell’intera vicenda umana ed artistica del suo autore, tale lettura ha però contribuito a sua volta, in maniera considerevole, al formarsi di questo quadro cosí sfaccettato e problematico man mano che apparivano sempre piú stringenti i nessi che legavano l’Ariosto alla età in cui visse ed operò.

In questo senso presenze rilevanti della cultura umanistica nella formazione dell’Ariosto emersero allorché testi delle Intercenali albertiane riportate in luce da Eugenio Garin[27] si rivelarono antecedenti diretti di passi significativi del Furioso e delle Satire. Numerosi contributi nacquero sulla scia di questo fortunato ritrovamento[28], ma anche successivamente l’episodio lunare è stato tra quelli che piú hanno continuato a sollecitare l’interesse dei critici[29]. Altri studiosi sono andati approfondendo i legami dell’Ariosto con la cultura a lui contemporanea, il Santoro in particolare[30], il Floriani ed il Bigi[31], mentre la Barocchi aveva evidenziato la forte presenza ariostesca nella trattatistica d’arte del Rinascimento ed il Whitfield, ancora una volta nel nome dell’Alberti, aveva puntato l’attenzione verso un complesso e interattivo rapporto del poema ariostesco con le arti figurative[32], attenzione che verrà successivamente intensificandosi da parte di altri studiosi.

Per ciò che riguarda l’utilizzazione, da parte dell’Ariosto, della tradizione cavalleresca nelle sue diverse diramazioni, se già il Monteverdi aveva visto nell’episodio di Lipadusa «un istintivo ritorno» alla piú antica tradizione epica e il Frenzel aveva richiamato, ma non in maniera convincente, una possibile origine germanica dell’episodio di Olimpia, ancor meglio il Bigi aveva, in modo assai preciso, sottolineato in Ariosto la forte risemantizzazione del lessico canterino sotto l’influsso del Petrarca e la Delcorno Branca aveva analizzato i modi di impiego, da parte dell’Ariosto, della tecnica a entrelacement propria della narrativa cavalleresca medievale[33]. Lo studio delle strutture narrative del Furioso, che diverrà campo di ricerca privilegiato della critica a noi piú vicina, negli anni Settanta sollecitò pure interventi del Pampaloni e del Negri, mentre il Blasucci individuava nel XVIII del Furioso un esempio del metodo che l’Ariosto aveva utilizzato nel disporre le sue sequenze narrative[34].

Lo svolgimento della critica ariostesca fin qui sinteticamente esposto ci consente di confermare quel carattere di spostamento di prospettiva, sostanziale ma graduale, già precedentemente evidenziato, carattere che si è venuto esprimendo piú che in articolate visioni d’assieme, che pure non sono mancate[35], in studi tesi a puntualizzare singoli aspetti e problemi dell’opera ariostesca o ad analizzare specifici luoghi del poema: già da quegli anni sembra cosí essersi affermata l’esigenza di edificare, attraverso una serie di tasselli (non certo meramente eruditi ma anzi animati, il piú delle volte, da una salda coscienza metodologica e da una precisa visione dei propri fini), una visione organica, ma non definitiva e chiusa dell’Ariosto e dei suoi scritti, una visione alla quale sempre nuove prospettive sono venute aggiungendosi. Questa linea critica non si è modificata nel ventennio successivo alle celebrazioni del v centenario della nascita dell’Ariosto, ma anzi (quando per eccesso di raffinatezza di metodo e di lettura critica non si è espressa in un compiacimento in qualche misura narcisistico) si è rafforzata ed è divenuta ricca di frutti quanto piú cresceva la coscienza della complessità della personalità dell’Ariosto e della polivalenza e ambiguità della sua scrittura, correlate ad un’età della quale, in parallelo, si sono andate svelando, come già si è detto, molteplici facce e zone di luce e di ombra.

Il V centenario della nascita di Ariosto diede origine talvolta, come si rischia che avvenga in tutte le circostanze obbliganti ma sostanzialmente esteriori, ad interventi non incisivi né organici a prospettive criticamente e metodologicamente fondate. Esso costituí tuttavia, nella maggior parte dei casi, una fruttuosa occasione per fare il punto sullo stato degli studi ariosteschi ed avviare a maggior approfondimento linee di ricerca già individuate o aprirne di nuove. In molte delle pubblicazioni originate da questa particolare circostanza confluí dunque il meglio del percorso critico fin qui delineato e molti contributi in esse contenuti apparvero come il banco di prova di approcci metodologici già consolidati oppure in sperimentazione da cui partirono percorsi che, come si è detto, si sono poi venuti svolgendo e articolando sino ai nostri giorni[36].

Va inoltre ricordato come il centenario serví a sottolineare la viva attenzione rivolta da autori contemporanei all’Ariosto[37], attenzione che pure non costituiva un dato nuovo nella nostra letteratura: basti pensare, per tempi a noi vicini, agli interventi del Baldini o a quelli, già ricordati, del Bacchelli e soprattutto al costante e stimolante interesse di Italo Calvino per il Furioso[38]. Quanto le suggestioni ariostesche si facessero sentire in tutta la loro modernità nella cultura contemporanea si era già visto nella messa in scena dell’Orlando Furioso avvenuta a Spoleto nel 1969: lí i caratteri dell’intreccio romanzesco del poema emersero con straordinaria evidenza nella realizzazione scenica di Luca Ronconi sul testo approntato dal Sanguineti[39].

Proseguendo nell’analisi delle citate pubblicazioni edite in occasione del V centenario, va segnalato il volume Il Rinascimento nelle corti padane, che già nel titolo dichiarava l’intenzione di ricostruire il tessuto storico-culturale (nel senso piú vasto) dell’ambito geografico in cui l’Ariosto si formò e visse sicché in esso, rivolgendo una particolare attenzione alla realtà delle corti (che, proprio in quegli anni, andava divenendo oggetto specifico di attenzione e di ricerca[40]), studiosi di discipline diverse contribuivano a costruire un quadro d’assieme notevolmente articolato[41].

All’interno degli studi collettivi prima ricordati, sia che il loro impianto fosse piú rigorosamente accademico, sia che, come nel caso ora esaminato, esso avesse una maggiore novità, è possibile individuare alcuni filoni di ricerca principali, proseguiti poi, come si accennava, nel ventennio successivo.

Molti saggi erano dedicati ad un approccio storico-linguistico, stilistico, metrico e strutturale al Furioso ed anche alle opere minori, ma nello stesso tempo affrontavano il rapporto dinamico tra l’Ariosto ed i punti di riferimento della sua cultura. Le Lettere vennero cosí analizzate nei contributi del Ghinassi, della Isella e dello Stella[42], che le utilizzarono per riferimenti di tipo linguistico, mentre il Binni[43] vedeva in esse un importante esercizio di scrittura e uno specchio della densa umanità dell’Ariosto, cosí come nelle Satire individuava una presa di coscienza dei disvalori dominanti nella sua età. Il Chiappelli condusse un’analisi diacronica, attenta alla lingua ma anche alle strutture narrative, di alcuni passi del Furioso, mentre Dalla Palma focalizzò il suo studio sui processi strutturali che Ariosto attiva per inserire nuovi episodi nel terzo Furioso[44]. L’Orvieto mise a raffronto, distinguendole, le strutture narrative del Morgante e del poema ariostesco e propose i metodi della moderna antropologia per interpretarli. Anche il Blasucci prese a riferimento il testo pulciano per far rilevare come, pur mutuando dal fiorentino la tecnica della enumerazione, l’Ariosto la utilizzasse in maniera diversa sotto il profilo metrico e stilistico[45]. L’Ossola tornò sulla presenza di Dante nel Furioso sottolineando l’importanza del filtro petrarchesco per il realizzarsi del tono medio nella scrittura ariostesca[46]. Se il Bruscagli osservava e distingueva la funzione dei topoi di ventura e inchiesta in testi della tradizione cavalleresca dall’Innamorato al Furioso, nei quali tali topoi assumevano un rilevante valore di strutturazione narrativa[47], sul rapporto tra Boiardo e Ariosto si soffermò anche Giovanni Ponte che, sottolineando le differenze di personalità dei due autori, vide nell’Innamorato principalmente «un vasto repertorio di suggerimenti tematici o stilistici». Il Ponte faceva pure riferimento, per i caratteri della realtà culturale ed umana dell’Ariosto, al Guicciardini e ad Erasmo[48]. Quest’ultimo, assieme all’Alberti, fu punto di partenza nel saggio del Ferroni per una articolata analisi del concetto di follia presente nel poema ariostesco e dei suoi nessi con la cultura umanistica, l’uno e l’altro temi destinati poi ad attirare ripetutamente l’attenzione degli studiosi[49].

All’influsso della tradizione cavalleresca sul Furioso furono dedicati i saggi del Roncaglia, della Delcorno Branca e della Alhaique Pettinelli: i primi due sottolineavano come elementi di varia natura propri del romanzo francese medievale fossero rintracciabili nel poema, la terza evidenziava i modi con cui il ferrarese aveva accolto e rielaborato originalmente i prestiti di tipo stilistico, lessicale e tematico che gli provenivano dai romanzi di cavalleria a lui cronologicamente piú vicini[50].

In un contesto strettamente storico-culturale si mosse pure il saggio di Cesare Gnudi, che analizzava il rapporto dell’Ariosto con le arti figurative nella duplice prospettiva della consonanza della sua opera con l’estetica degli artisti del suo tempo e del suo influsso su di essi[51], indirizzo di ricerca poi proseguito da vari studiosi con interessanti esiti critici[52], mentre il rapporto tra scritti ariosteschi e musica ha suscitato una attenzione piú circoscritta[53].

Come si è detto, in questo momento particolare della critica ariostesca si avviò un rinnovato interesse per le opere minori dell’Ariosto. Il teatro fu cosí fatto oggetto di numerosi studi, che senza dubbio ebbero come imprescindibile punto di riferimento l’edizione critica delle Commedie ariostesche uscita nel 1974[54]. Affrontando l’intricato problema della complessa vicenda editoriale dei testi (sulla quale la Ronchi e la Casella hanno poi dato una approfondita informazione[55]), le curatrici hanno offerto uno strumento di lavoro indispensabile a quanti si sono soffermati ad analizzare le caratteristiche del teatro ariostesco, focalizzando l’attenzione sulle motivazioni ed i modi del passaggio dell’Ariosto commediografo dalla prosa al verso e collocando questa sua esperienza artistica nella piú vasta vicenda della nascita del teatro moderno italiano[56]. Questa riflessione verrà intensificandosi negli anni successivi anche da parte di tecnici della letteratura teatrale[57].

Non sono mancate tra gli studi usciti per il centenario e nel periodo immediatamente successivo messe a punto importanti sui Cinque Canti[58], anche se è alla fine degli anni Ottanta che si è aperto un nuovo capitolo degli studi ad essi relativi ed il problema che li concerne è stato affrontato, assieme a quello delle tre redazioni, con piú aggiornati e scaltriti strumenti di lettura[59].

Per ciò che concerne le Satire sono da ricordare due studi del Segre che anticiparono l’uscita nel 1984 di una edizione critica ulteriormente aggiornata e perfezionata nel 1987[60]. Al già citato saggio del Binni si affiancò quello del Wiggins che evidenziava la trasfigurazione letteraria dei dati biografici e l’importanza poetica dell’io narrante creato dall’Ariosto[61]. La Tissoni Benvenuti, in uno studio che si soffermava prevalentemente sui Capitoli (ma toccando anche l’Obizzeide[62]), non mancò di sottolineare la forte presenza oraziana nelle Satire ariostesche, che considerava tappa di un genere che si sarebbe andato ulteriormente evolvendo. Su questo rapporto col poeta latino e, piú complessivamente, sull’impronta umanistica della cultura ariostesca, dopo lo studio del Petrocchi ci sono stati quelli del Marsch[63], ancora del Segre, del Cuccaro e del La Penna[64]. Altri studiosi, primo fra tutti il Floriani, hanno volto la loro attenzione al peso che le Satire hanno avuto nel costituirsi di un preciso genere letterario[65].

Uno scritto di Giovanni Ponte ripropose, nel ’75, all’attenzione degli studiosi i Carmina dell’Ariosto che, costruiti su base totalmente umanistica, hanno costituito per il giovane poeta una scuola di dominio artistico sulla propria materia e sui propri sentimenti, mentre il Paoletti, trascurando i componimenti di materia amorosa, si soffermò sulla equilibrata compresenza di elementi che legavano l’Ariosto alla realtà storica e cortigiana e di tratti scaturiti dalla sua formazione umanistica[66]. In relazione a quest’ultima la Della Casa analizzò la scaltrita utilizzazione delle fonti classiche nei carmi XII e XVII, mostrando l’importanza di un approfondimento in questa direzione[67].

Assai attento fu l’esame a cui, in occasione del centenario, Bigi sottopose la lirica volgare dell’Ariosto ed anche il Fedi ne approfondí il rapporto con una tradizione lirica ancora tardoquattrocentesca[68]. Piú di recente uno studio del Bozzetti ha preannunziato una nuova edizione critica delle Rime, delle quali è uscita una stampa con introduzione e note di Stefano Bianchi[69]. A sua volta l’Erbolato, analizzato dal Ferroni nel 1975, ha poi avuto un’edizione critica a cura della Ronchi, che aveva dedicato a questa operetta anche un saggio[70].

Se il Segre e lo Zampolli avevano dato conto, in occasione del centenario, dello stato dei lavori relativo alle concordanze del Furioso nel suo sviluppo diacronico[71], lo stesso Segre, nella Introduzione alla sua nuova edizione del poema uscita nel 1976, segnalava la necessità di percorrere e ripercorrere il cammino tra le tre redazioni, sottolineando da un lato l’autonomia e freschezza inventiva della prima stesura del poema, dall’altro il fatto che la «perfezione e armonia» presenti nel Furioso del ’32 si erano realizzate sul piano dello stile, consentendo all’autore di «difendere la sua opera dai riflessi cupi che minacciavano di depositarvisi»[72]. Numerosi sono gli studi che hanno affrontato, sino ad oggi, le problematiche relative al poema ariostesco come work in progress, variamente distinguendone e caratterizzandone le diverse fasi compositive, correlandole alla contigua produzione dell’autore, agli eventi della sua vita ed al contesto storico e culturale in cui egli si mosse e spesso fissando la riflessione critica sull’ultimo Furioso[73]. Le ricerche piú recenti e complete sulle vicende redazionali del poema dell’Ariosto sono di Alberto Casadei, che ha ripetutamente, ed in particolare in due importanti volumi[74], esaminato i vari aspetti di questo nodo critico fondamentale. Egli, nella Strategia delle varianti, ha approfondito la portata complessiva del lavoro correttorio dell’Ariosto relativo alle varianti storico-politiche ed a quelle storico-culturali, soprattutto soffermandosi sulle sue connessioni con la nuova situazione storica degli anni Trenta e rilevando che nel Furioso del ’32 si è determinato un deciso spostamento dell’asse politico-culturale. Ne Il percorso del «Furioso», secondo una prospettiva piú ampia, lo studioso segue con grande acutezza e secondo diversi angoli visuali le diverse fasi di elaborazione del poema, intersecandone l’analisi con quella di altri testi ariosteschi (come l’Obizzeide e i Cinque Canti) e con la puntuale e concreta ricognizione dello stato della produzione cavalleresca che fa da sfondo e da contrappunto alle tre edizioni del Furioso. Il Casadei, soffermandosi su quella del ’16, mette in evidenza la rilevanza del rapporto con l’Innamorato, «modello principe», e si pone cosí alla conclusione, almeno per ora, di una attenzione che la critica, come già abbiamo sottolineato, ha rivolto al rapporto tra i due ferraresi, facendone uno degli argomenti piú rappresentati negli studi ariosteschi di questi ultimi anni[75].

Nello stesso arco cronologico si sono disposte le ricerche che hanno come oggetto l’inserimento del Furioso nelle vicende storiche e culturali dell’età in cui fu elaborato. Naturalmente le metodologie e le prospettive utilizzate sono assai varie e oggetto degli studi sono talvolta il poema nella sua interezza, ma piú di frequente segmenti significativi di esso: questa panoramica dovrebbe quindi essere, qui come altrove, ben piú articolata ed atta a dar conto della specificità dei diversi discorsi critici, mentre dovremo purtroppo limitarci a raggruppare sinteticamente i vari saggi: alcuni studiosi hanno dunque volto la propria attenzione all’Ariosto uomo di corte e/o al significato della presenza degli Estensi nel suo poema[76], altri hanno osservato l’inserirsi di situazioni storiche e precisi eventi contemporanei nella struttura narrativa del poema[77], altri, infine, hanno collegato in maniera piú complessiva il Furioso a tratti distintivi della civiltà del Rinascimento[78]: tra essi, di recente, la Fragnito ha riletto, con acutezza ed equilibrio, l’opera ariostesca «collegandola maggiormente alle inquietudini religiose [...] che turbarono la sua epoca»[79].

Un aspetto specifico di questa “storicizzazione” del Furioso è quello degli studi relativi alla cultura dell’Ariosto ed ai modi in cui essa si è fatta presente nel poema. In particolare può dirsi che il densissimo commento approntato da Emilio Bigi per la sua edizione[80] è valso ad evidenziare la ricchezza e l’estensione, sia a livello cronologico che di referenti culturali, delle “fonti” ariostesche e l’intreccio intertestuale, nella singola ottava o in passi di maggiore ampiezza, di autori e generi tra loro anche molto distanti. E senza dubbio in molti dei saggi che ora citeremo l’attenzione alla intertestualità è fortemente presente, come nel caso, ad esempio, degli studi dello Jossa o della Cabani[81].

Se il Cuccaro nell’81 si era soffermato, anche se in termini generali, sull’umanesimo ariostesco, Bigi è tornato a sottolineare la complessità delle esperienze culturali del ferrarese prima del ’16 ed il loro influsso sul primo Furioso, nel quale convivono consapevolezza della crisi dei valori propri della civiltà umanistica e fedeltà a tali valori[82], mentre Savarese, nell’arco dei saggi che sono andati a comporre il volume Il «Furioso» e la cultura del Rinascimento, ha posto dei punti fermi significativi per la costituzione di un «pendant umanistico» del libro del Rajna:

naturalmente – precisa lo studioso – i referenti culturali che si invocano di volta in volta per una lettura piú “storicizzata” del Furioso (platonismo o neoplatonismo, “vallismo”, “vitruvismo” ecc.) non vogliono né debbono essere assunti come consapevoli direttrici interne al poema, rigorosamente condizionanti il lavoro letterario. Essi intendono unicamente porsi come definitori approssimativi, provvisori, e anche sciolti tra loro, di un orizzonte culturale valido per l’immaginario ariostesco[83].

Il Segre è tornato su questi temi, parlando di ispirazione platonica nell’episodio lunare, sul quale si è ugualmente soffermato lo Zatti, che ha messo in evidenza l’aprirsi di «un nuovo e fecondo percorso di indagine – il versante umanistico della cultura ariostesca»[84]. Anche l’Ascoli utilizza, per la sua lettura del Furioso, la chiave neoplatonica che è pure presente, ma in differente prospettiva, nello studio del Marinelli[85]. Il primo, nel cui lavoro si coniugano l’approccio interpretativo “decostruzionista” e una forte attenzione per il contesto culturale in cui si pone il poema ariostesco, ed il secondo sembrano concordare su un possibile valore allegorico di esso, in ciò nettamente contrapposti alla posizione dello Javitch[86].

Alcuni critici hanno analizzato le presenze del Decameron nel Furioso[87], mentre la Cabani, se da un lato ha approfondito con sottigliezza di lettura la presenza di Petrarca e del petrarchismo nel poema, ne ha d’altro canto esaminato caratteri metrici e stilistici anche nelle loro connessioni e diversità rispetto alla tradizione canterina[88]. Abbiamo già ricordato l’attenzione dedicata dal Casadei alle interazioni dell’opera ariostesca con la coeva produzione di romanzi di cavalleria. Su questo tema si era anche soffermata in alcune parti del suo volume la Beer, che ha pure dedicato un ampio spazio al sogno ed alla pazzia di Orlando, per i quali ha analizzato, a livello di elocutio e di inventio, i possibili modelli; ugualmente su Orlando insonniato è uno studio di Silvia Longhi, che ha trovato nell’episodio ariostesco «memoria di eventi e di reazioni contenuti nell’Innamorato»[89].

Secondo un’ottica che risale ai primi commentatori del Furioso, la critica contemporanea, ed in particolare quella anglo-americana, ha studiato gli autori classici “fonti” del poema ariostesco ed i modi della loro ricezione. Cosí alcuni saggi hanno vagliato l’utilizzazione del modello omerico[90], mentre il La Penna ha affrontato il rapporto con Orazio in ordine al tema del mecenatismo[91]. Una piú ricca serie di interventi è però attenta, com’è naturale, alla presenza nel Furioso di Virgilio ed Ovidio[92], sul quale di particolare interesse sono le ricerche dello Javitch[93], che pongono l’accento anche sulla critica cinquecentesca al poema dell’Ariosto. Su quest’ultimo tema si sono soffermati in questi anni vari studiosi[94]: tra essi per articolazione tematica e solidità di impianto si pone in evidenza Proclaiming a Classic. The Canonization of «Orlando Furioso» dello stesso Javitch[95]. Sempre questo critico ci rinvia a problemi di narratologia: la strutturazione diegetica del poema è stato certo uno degli argomenti che, come già si è avuto occasione di sottolineare, piú hanno impegnato la critica in quest’ultimo ventennio[96]. In questa prospettiva, di particolare validità è il saggio della Barlusconi[97] che, al di là dell’attenzione all’impianto narrativo, guarda al Furioso come ad un’opera-mondo[98], secondo un’ottica presente, ad esempio, nei già citati studi dell’Ascoli o del Marinelli, o nel recentissimo contributo del Bologna[99]: si tratta di un approccio assai sollecitante che però non si sottrae, talvolta, al rischio di una commistione dei piani interpretativi.

Molti studiosi hanno pure, in questi anni, indirizzato la loro ricerca verso i personaggi del Furioso, sia che, lo si è già visto, volessero meglio caratterizzarli attraverso un confronto con i modelli a cui si era ispirato l’autore, sia che intendessero considerarli momenti nodali del processo narrativo oppure incarnazioni di una particolare visione del reale da parte dell’Ariosto[100]. Va pure sottolineato il fatto che l’attenzione per i personaggi femminili e per la presenza ariostesca all’interno della querelle des femmes è spesso stata oggetto di quell’ambito della critica nordamericana per il quale si parla di femminismo e post-femminismo e che ha prodotto, accanto a contributi apprezzabili, altri ideologicamente troppo connotati e portatori di letture fuorvianti[101].

Si sono dunque ripetutamente citati gli apporti di questa critica agli studi ariosteschi: essa, che aveva già concorso al loro sviluppo con gli scritti dei Durling, Carne-Ross, Brand, Giamatti, Parker[102], è stata caratterizzata, dalla fine degli anni Settanta, da un estendersi dell’interesse per il poeta estense (e ne sono prova evidente le numerose Dissertazioni di Dottorato dedicate in parte o totalmente alla sua opera): di molti studi abbiamo già dato notizia, anche se non è stato possibile approfondire la loro appartenenza ai diversi approcci metodologici che si sono sviluppati negli atenei di Oltreoceano e se, programmaticamente, si è scelto di lasciar fuori da questa rassegna quei saggi che studiano l’Ariosto nell’ambito della comparatistica e che, come è comprensibile, sono in numero assai rilevante[103]. È opportuno tuttavia ricordare quello che è stato l’apporto originale alla critica ariostesca proveniente dalla textual bibliography e da Conor Fahy in particolare, che in una attenta e paziente ricerca di tutti gli esemplari del Furioso del ’32 ha documentato l’attiva partecipazione dell’autore alla realizzazione di quella edizione sia in ambito organizzativo e finanziario, sia in quello del lavoro tipografico[104].

Giungendo alla conclusione di questo percorso, lungo (ma non quanto avrebbe dovuto), fitto di riferimenti ed intricato (ma era difficile, in uno spazio tipografico cosí ridotto, non perdersi «per selve e boscherecci labirinti»), resta da osservare che, se all’inizio di esso avevamo notato la presenza di un numero rilevante di storie della critica tracciate a tutto campo, in concomitanza col centenario, e poi a scadenza abbastanza regolare, sono state edite rassegne di studi sull’Ariosto limitate, in genere, quanto all’arco temporale o all’ambito geografico-culturale a cui fanno riferimento: tutte sembrano comunque essere sostenute dalla volontà di fare ordine in una materia che, negli anni, si è venuta facendo sempre piú ricca e varia[105]. Inoltre in margine agli studi piú incisivi e validi si trovano ampie rassegne bibliografiche e riferimenti a specifici ambiti della critica ariostesca, a ribadire la ineliminabilità di un dialogo che, in alcuni casi, è divenuto studio a sé stante di momenti significativi e particolari di tale critica[106].


1 W. Binni, Storia della critica ariostesca, Lucca, Lucentia, 1951. Appare interessante che in un arco di tempo relativamente breve venissero pubblicate, dopo quella binniana, altre storie della critica ariostesca (R. Ramat, Ludovico Ariosto, in W. Binni [a cura di], I classici italiani nella storia della critica, Firenze, La Nuova Italia, 1954; A. Borlenghi, Ariosto, Palermo, Palumbo, 1961; A. Piromalli, Ariosto, Padova, Radar, 1969), segno anch’esse di un bisogno di sistemazione e di riflessione legato al concretizzarsi di nuove prospettive di lettura ed alla loro volontà di distacco dall’impianto critico e teorico del Croce.

2 W. Binni, Storia della critica ariostesca cit., p. 101

3 W. Binni, Metodo e poesia di Ludovico Ariosto, Messina-Firenze, D’Anna, 1947.

4 Cfr. R. Alhaique Pettinelli, Dal “divino” Ariosto all’«umanissimo» Ariosto, in Aa.Vv., Poetica e metodo storico-critico nell’opera di Walter Binni, Roma, Bonacci, 1985, pp. 254-272. Nello stesso volume cfr. anche G. Ponte, Walter Binni studioso dell’Ariosto, pp. 227-253. Prima di Metodo e poesia il Binni aveva pubblicato il saggio Consigli per una lettura del «Furioso», «Leonardo», giugno 1940, pp. 145-148, una antologia di scritti ariosteschi (L. Ariosto, Orlando Furioso e opere minori, Firenze, Sansoni, 1942) e, tra il 1945 ed il 1947 (su «Aretusa», «Belfagor» e «Letteratura»), una serie di articoli subito confluiti in Metodo e poesia.

5 W. Binni, Ludovico Ariosto, Torino, ERI, 1968; Id., Le «Lettere» e le «Satire» dell’Ariosto, in Ludovico Ariosto. Atti dei Convegni Lincei, Roma, Accademia Nazionale dei Lincei, 1975, pp. 133-169, ripubblicato ampliato col titolo Le «Lettere» e le «Satire» dell’Ariosto nello sviluppo e nella crisi del Rinascimento nel volume Due studi critici: Ariosto e Foscolo, Roma, Bulzoni, 1978, pp. 11-59 (da cui verranno tratte le citazioni).

6 W. Binni, Poetica, critica e storia letteraria e altri scritti di metodologia, Firenze, Le Lettere, 1993, pp. 24, 49. Questa riflessione binniana fu pubblicata nel 1960 in forma di saggio ne «La Rassegna della letteratura italiana», poi, ampliata, nell’omonimo volume (Bari, Laterza, 1963) che ha avuto numerose ristampe sino all’ultima ora citata.

7 Ivi, p. 39. Va detto che in questa stessa sede Binni, come ricorda anche nella Premessa a questo volume, fece autocritica a proposito della eccessiva accentuazione del calcolo poetico e delle equivalenze pittoriche e musicali propria della sua iniziale lettura critica del Furioso cosí come del minor rilievo dato agli elementi drammatici e pessimistici in esso presenti (ivi, p. 59).

8 W. Binni, Le «Lettere» e le «Satire» cit., p. 58.

9 G. Baldassarri, Tendenze e prospettive della critica ariostesca nell’ultimo trentennio (1946-1973), «La Rassegna della letteratura italiana», 1975, 1-2, p. 184.

10 N. Cappellani, La sintassi narrativa dell’Ariosto, Firenze, La Nuova Italia, 1952; G. De Blasi, L’Ariosto e le passioni, «Giornale storico della letteratura italiana», CXXIX, 1952, pp. 318-362; CXXX, 1953, pp. 178-203; R. Ramat, L’«Orlando Furioso», in Per la storia dello stile rinascimentale, Messina-Firenze, D’Anna, 1953, pp. 5-73; L. Caretti, Introduzione, in L. Ariosto, Opere, Milano-Napoli, Ricciardi, vol. II, 1954 (poi in Ariosto e Tasso, Torino, Einaudi, 1961 e, con aggiunte, 1970 e 1977); M. Marti, Ludovico Ariosto, in Letteratura italiana. I Maggiori, Milano, Marzorati, 1956, vol. I, pp. 307-406.

11 R. Battaglia, L’Ariosto e la critica idealistica, «Rinascita», VII, 1950, 3, pp. 141-150; A. Piromalli, La cultura a Ferrara al tempo di Ludovico Ariosto, Firenze, La Nuova Italia, 1953 (2a ed. Roma, Bulzoni, 1975).

12 R. Bacchelli, La congiura di Don Giulio d’Este, e altri scritti ariosteschi, Milano, Mondadori, 1958 (2a ed. riveduta: Milano, Mondadori, 1966).

13 S. Mariotti, Per il riesame di un’ode latina dell’Ariosto, «Italia medioevale e umanistica», II, 1959, pp. 509-512.

14 G. Getto, La corte estense di Ferrara come luogo d’incontro di una civiltà letteraria, in Letteratura e critica nel tempo, Milano, Marzorati, 1954, pp. 219-240; E. Garin, Motivi della cultura filosofica ferrarese nel Rinascimento, in La cultura filosofica del Rinascimento italiano. Ricerche e documenti, Firenze, Sansoni, 1961, pp. 402-431. In questa prospettiva vanno pure ricordati S. Pasquazi (a cura di), Poeti estensi del Rinascimento, Firenze, Le Monnier, 1966; W.L. Gundersheimer, Ferrara: the Style of a Renaissance Dispotism, Princeton, Princeton University Press, 1973; E. Sestan, Gli Estensi e il loro Stato al tempo dell’Ariosto, «La Rassegna della letteratura italiana», 1975, 1-2, pp. 19-33.

15 Questa attenzione, iniziata con Grabher e Binni (C. Grabher, Sul teatro dell’Ariosto, Roma, Edizioni Italiane, 1946; Id., La poesia minore dell’Ariosto. La lirica latina, la lirica volgare, le «Satire» e una nota sul carattere dell’Ariosto, Roma, Edizioni Italiane, 1947; W. Binni, Metodo e poesia cit.), è stata una delle caratteristiche della critica ariostesca postcrociana.

16 S. Debenedetti (a cura di), I frammenti autografi dell’«Orlando Furioso», Torino, Chiantore, 1937; G. Contini, Come lavorava l’Ariosto, in Esercizi di lettura, Firenze, Parenti, 1939 (ora Torino, Einaudi, 1982).

17 W. Binni, Storia della critica ariostesca cit., p. 96.

18 L. Ariosto, Orlando Furioso, a cura di L. Caretti; Opere minori, a cura di C. Segre, Milano-Napoli, Ricciardi, 1954; L. Ariosto, Orlando Furioso secondo l’edizione del 1532 con le varianti del 1516 e del 1521, a cura di S. Debenedetti e C. Segre, Bologna, Commissione per i testi di lingua [ma Firenze, Olschki], 1960; L. Ariosto, Orlando Furioso, a cura di C. Segre, Milano, Mondadori, 1964; L. Ariosto, Lettere, a cura di A. Stella, Milano, Mondadori, 1965 (poi riedite, assieme alle Satire e all’Erbolato, in L. Ariosto, Opere, Milano, Mondadori, 1984, vol. III). Dello Stella anche il saggio Per una nuova edizione delle «Lettere» di Ludovico Ariosto (Con lettere e manoscritti inediti), «Giornale storico della letteratura italiana», CXL, 1963, pp. 566-601.

19 G. Contini, Come lavorava l’Ariosto cit.; B. Migliorini, Sulla lingua dell’Ariosto, in Saggi linguistici, Firenze, Le Monnier, 1957, pp. 178-186; B. Terracini, Lingua libera e libertà linguistica, «Archivio glottologico italiano», XXXV, 1950 (poi Lingua libera e libertà linguistica: introduzione alla linguistica storica, Torino, Einaudi, 1970); G. De Robertis, Idea dell’«Orlando», «Rassegna d’Italia», IV, 1949, pp. 646-650; Id., Lettura sintomatica del primo dell’«Orlando», «Paragone. Letteratura», 4, 1950, pp. 12-17.

20 E. Turolla, Dittologia e “enjambement” nell’elaborazione dell’«Orlando Furioso», «Lettere italiane», X, 1958, pp. 1-20; A.M. Carini, L’iterazione aggettivale nell’«Orlando Furioso», «Convivium», XXXI, 1963, pp. 19-34; E. Bigi, Appunti sulla lingua e sulla metrica del «Furioso», «Giornale storico della letteratura italiana», CXXXVIII, 1961, pp. 239-253 (ora in La cultura del Poliziano e altri studi umanistici, Pisa, Nistri-Lischi, 1967); C. Segre, Le correzioni dell’Ariosto all’«Orlando Furioso»: lingua, stile e poesia, «Terzoprogramma», 3, 1961, pp. 140-148 (ora, con il titolo Storia interna dell’«Orlando Furioso», in Esperienze ariostesche, Pisa, Nistri-Lischi, 1966); L. Blasucci, Osservazioni sulla struttura metrica del «Furioso» (con una nota sull’enumerazione), «Giornale storico della letteratura italiana», CXXXIX, 1962, pp. 169-218 (ora in Studi su Dante e Ariosto, Milano-Napoli, Ricciardi, 1969); M. Bastiaensen, La ripetizione contrastata nel «Furioso», «La Rassegna della letteratura italiana», 1970, 1, pp. 112-133; M. Fubini, Poscritto: gli enjambements nel «Furioso», in Studi sulla letteratura del Rinascimento, Firenze, La Nuova Italia, 19712, pp. 241-247.

21 E. Bigi, Petrarchismo ariostesco, «Giornale storico della letteratura italiana», CXXX, 1953, pp. 31-62 (poi in Dal Petrarca al Leopardi. Studi di stilistica storica, Milano-Napoli, Ricciardi, 1954); G. Ponte, Nota sull’Ariosto imitatore del Boiardo lirico, «La Rassegna della letteratura italiana», 1962, 1, pp. 81-84 (poi in La personalità e l’opera del Boiardo, Genova, Tilgher, 1972); L. Blasucci, La «Commedia» come fonte linguistica e stilistica del «Furioso», «Giornale storico della letteratura italiana», CXLV, 1968, pp. 188-231 (ora in Studi su Dante e Ariosto cit.); E. Saccone, Cloridano e Medoro, con alcuni argomenti per una lettura del primo «Furioso», «Modern Language Notes», 83, 1968, pp. 67-99 (ora in Il «soggetto» del «Furioso» e altri saggi tra Quattro e Cinquecento, Napoli, Liguori, 1974); G. Petrocchi, Orazio e Ariosto, «Giornale italiano di filologia», XXII, 1970, pp. 3-13 (poi in I fantasmi di Tancredi: saggi sul Tasso e sul Rinascimento, Caltanissetta-Roma, Sciascia, 1972, volume che contiene altri due saggi ariosteschi: Lettura dell’«Orlando Furioso» e Riprese di giudizio sulla poesia del «Furioso»); G. Resta, voce «Ludovico Ariosto», in Enciclopedia dantesca, vol. I, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1970.

22 C. Segre, La biblioteca dell’Ariosto, «La Scuola» (Bellinzona), 1955, pp. 29-31; Id., Un repertorio linguistico e stilistico dell’Ariosto: la «Commedia», in Esperienze ariostesche cit., pp. 51-83; Id., La poesia dell’Ariosto, ivi, pp. 9-27 (già posto come Introduzione a L. Ariosto, Orlando Furioso, Milano, Mondadori, 1964); Id., Le correzioni dell’Ariosto all’«Orlando Furioso» cit. In questi saggi il Segre si apriva ad una concezione dello studio delle “fonti” nuova e profondamente differente rispetto a quella della Scuola Storica. Alla utilizzazione delle indagini sulle fonti per lo studio della formazione e sviluppo della poetica di un autore aveva pure dedicato attenzione Binni in Poetica, critica e storia letteraria cit. Il Segre è tornato su questo tema nel saggio Intertestuale/interdiscorsivo. Appunti per una fenomenologia delle fonti, in C. Di Girolamo, L. Paccagnella (a cura di), La parola ritrovata. Fonti e analisi letteraria, Palermo, Sellerio, 1982, pp. 15-28 (poi in Teatro e romanzo. Due tipi di comunicazione letteraria, Torino, Einaudi, 1984).

23 Il Segre, che aveva preparato l’edizione dei Cinque Canti per il volume ricciardiano delle Opere minori, ha pubblicato su di essi i saggi Appunti sulle fonti dei «Cinque Canti», «La Rassegna della letteratura italiana», 1954, 3, pp. 413-420; Studi sui «Cinque Canti», «Studi di filologia italiana», XII, 1954, pp. 23-75, ambedue ristampati in Esperienze ariostesche cit. All’edizione Segre sono stati proposti da Luigi Firpo emendamenti inseriti nella stampa da lui curata (Torino, UTET, 1964).

24 E. Saccone, Note ariostesche, «Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa», XXVIII, 1959, pp. 193-242; Id., Appunti per una definizione dei «Cinque Canti», «Belfagor», XX, 1965, pp. 381-410 (questo saggio è stato ristampato in Il «soggetto» del «Furioso» cit.); C. Dionisotti, Per la data dei «Cinque Canti», «Giornale storico della letteratura italiana», CXXXVII, 1960, pp. 1-40; Id., Appunti sui «Cinque Canti» e sugli studi ariosteschi, in Aa.Vv., Studi e problemi di critica testuale, Bologna, Commissione per i testi di lingua, 1961, pp. 369-382 (assai importante del Dionisotti, per ciò che riguarda l’Ariosto, anche il saggio Chierici e laici in Geografia e storia della letteratura italiana, Torino, Einaudi, 1967, pp. 47-73, saggio apparso, relativamente ad un ambito cronologicamente piú limitato, nel 1960); P. Fontana, La balena dei «Cinque Canti» e un problema di fonti e di cronologia, «Aevum», XXXV, 1961, pp. 511-518; Id., I «Cinque Canti» e la storia della poetica del «Furioso», Milano, Vita e Pensiero, 1962.

25 E. Bigi, voce «Ludovico Ariosto», in Dizionario critico della letteratura italiana, Torino, UTET, 1973, vol. I, p. 131.

26 C. Dionisotti, Fortuna e sfortuna del Boiardo nel Cinquecento, in Aa.Vv., Il Boiardo e la critica contemporanea, Firenze, Olschki, 1970, pp. 221-241.

27 E. Garin, Venticinque Intercenali inedite e sconosciute di L.B. Alberti, «Belfagor», XIX, 1964, pp. 377-396; L.B. Alberti, Intercenali inedite, a cura di E. Garin, Firenze, 1965 («Quaderni di Rinascimento»).

28 M. Martelli, Una delle «Intercenali» di Leon Battista Alberti fonte sconosciuta del «Furioso», «La Bibliofilia», LXVI, 1964, pp. 163-170; R. Ceserani, Annunzi, «Giornale storico della letteratura italiana», CXLI, 1964, pp. 469-470; C. Segre, Leon Battista Alberti e Ludovico Ariosto, «Rivista di cultura classica e medioevale», VII, 1965, pp. 1025-1033 (poi in Esperienze ariostesche cit.); L. Pampaloni, Le «Intercenali» e il «Furioso»: noterella sui rapporti Alberti-Ariosto, «Belfagor», XXIX, 1974, pp. 317-325.

29 M. Santoro, La sequenza lunare nel «Furioso»: una società allo specchio, «Atti della Accademia Pontaniana», XXIII, 1974, pp. 327-350 (ora in Ariosto e il Rinascimento, Napoli, Liguori, 1989); D. Quint, Astolfo’s Voyage to the Moon, «Yale Italian Studies», I, 1977, pp. 398-408; G. Savarese, Lo spazio dell’«impostura»: il «Furioso» e la luna, in Aa.Vv., La Corte e lo spazio: Ferrara estense, Roma, Bulzoni, 1982, vol. II, pp. 717-737 (poi in Il «Furioso» e la cultura del Rinascimento, Roma, Bulzoni, 1984); J.T. Chiampi, Between Voice and Writing: Ariosto’s Irony according to Saint John, «Italica», LX, 1983, pp. 340-350; C. Segre, Da uno specchio all’altro: la luna e la terra nell’«Orlando Furioso», «Schifanoia», III, 1988, pp. 9-16 (ora in Fuori dal mondo. I modelli nella follia e nelle immagini dell’aldilà, Torino, Einaudi, 1990); M.G. Stassi, Astolfo nella luna, in Aa.Vv., Prospettive sul «Furioso», Torino, Tirrenia Stampatori, 1988, pp. 157-180. In questo volume sono raccolti saggi di G. Barberi Squarotti e della sua scuola (G. Barberi Squarotti, Gli inganni amorosi, pp. 9-50; R. Rinaldi, «Mai senza finzion non si favella». Lettura di «Orlando Furioso», pp. 51-86; C. Peirone, Il mito di Angelica. Paesaggi e percorsi d’amore nell’universo femminile del «Furioso», pp. 87-116; P. Mastrocola, Il “castello” di Atlante, pp. 117-144; G.M. Veneziano, Ruggiero fra Alcina e Logistilla, pp. 145-156; M. Marchioni, Biografia dell’Ariosto, pp. 181-190; S. Patrito, Riassunto del poema, pp. 191-206; Id., Guida alla critica dell’«Orlando Furioso», pp. 207-215). Sempre sul rapporto speculare terra/luna si veda pure S. Zatti, Il cosmo, la corte, il poema: il sistema delle “corrispondenze” nel «Furioso», «Italianistica», XVIII, 1989, pp. 367-393, poi rifluito ne Il «Furioso» fra Epos e Romanzo, Lucca, Pacini Fazzi, 1990, capp. VI-VII.

30 Il Santoro si è soffermato in questa prospettiva su vari episodi del Furioso ed ha raccolto i suoi saggi in volumi (Letture ariostesche, Napoli, Liguori, 1973; L’anello di Angelica, Napoli, Federico e Ardia, 1983) di cui l’ultimo, Ariosto e il Rinascimento cit., costituisce la summa del suo costante e fruttuoso lavoro. A cura del Santoro anche L. Ariosto, Opere, vol. III [Carmina, Rime, Satire, Erbolato, Lettere], Torino, UTET, 1989.

31 P. Floriani, La giovinezza umanistica di Pietro Bembo, fino al periodo ferrarese, «Giornale storico della letteratura italiana», CXLIII, 1966, pp. 25-71 (ora in Bembo e Castiglione, Roma, Bulzoni, 1976); E. Bigi, Ideali umanistici e realtà storica nell’«Orlando Furioso», «Libri e documenti», 1976, 1, pp. 1-7. Già il Caretti, nell’Introduzione al volume ricciardiano (1954), aveva sottolineato i caratteri della formazione umanistica dell’Ariosto.

32 P. Barocchi, Fortuna dell’Ariosto nella trattatistica figurativa, in Aa.Vv., Critica e storia letteraria. Studi offerti a Mario Fubini, Padova, Liviana, 1970, vol. I, pp. 388-405; J.H. Whitfield, Leon Battista Alberti, Ariosto and Dosso Dossi, «Italian Studies», XXI, 1966, pp. 16-30. Sul rapporto Tiziano/Ariosto già R.W. Kennedy, Apelles redivivus, in Aa.Vv., Essays in memory of Karl Lehmann, New York, Institute of Fine Arts, New York University Press, 1964, pp. 160-170.

33 A. Monteverdi, A proposito delle “fonti” dell’«Orlando Furioso», «Cultura neolatina», XXI, 1961, pp. 259-267; H. Frenzel, L’episodio di Olimpia e una sua fonte nordica, «Giornale italiano di filologia», III, 1950, pp. 289-299; Id., Von der Olimpia-Episode zu den Parerga des «Orlando Furioso», «Germanische-Romanische Monatsschrift», XXXVI, 1955, pp. 161-179; Id., Ariost und Kudrun: Ariost und die Ambraser Handschrift; «Germanische-Romanische Monatsschrift», XXXVIII, 1957, pp. 78-84 (sull’episodio di Olimpia, sulle sue fonti e sul dibattito critico relativo alla sua matrice nordica è tornata di recente in modo assai dettagliato M. Minutelli, Il lamento dell’eroina abbandonata nell’«Orlando Furioso» (X, xx-xxxiv), «Rivista di letteratura italiana», IX, 1991, pp. 401-464); E. Bigi, Petrarchismo ariostesco cit.; D. Delcorno Branca, L’«Orlando Furioso» e il romanzo cavalleresco medievale, Firenze, Olschki, 1973. Sul tema dell’entrelacement si veda anche C.P. Brand, L’«entrelacement» nell’«Orlando Furioso», «Giornale storico della letteratura italiana», CLIV, 1977, pp. 509-532.

34 L. Pampaloni, Per una analisi narrativa del «Furioso», «Belfagor», XXVI, 1971, pp. 133-150 (del Pampaloni si ricordi anche La guerra nel «Furioso», «Belfagor», XXVI, 1971, pp. 627-652); R. Negri, Interpretazione dell’«Orlando Furioso», Milano, Marzorati, 1971; L. Blasucci, Un esempio del «metodo» ariostesco: la sosta a Cipro («Furioso», XVIII, 136-140), in Studi su Dante e Ariosto cit., pp. 163-174.

35 L. Caretti, Ludovico Ariosto, in E. Cecchi e N. Sapegno (a cura di), Storia della letteratura italiana, Milano, Garzanti, 1966, vol. III, pp. 787-895; W. Binni, Ludovico Ariosto cit.; N. Borsellino, Lettura dell’«Orlando Furioso», Roma, Bulzoni, 1972; Id., Ludovico Ariosto, in C. Muscetta (a cura di), La letteratura italiana: storia e testi, Bari, Laterza, 1973, vol. IV, t. I; E. Bigi, voce «Ludovico Ariosto» cit.; E. Saccone, Il «soggetto» del «Furioso», in Il «soggetto» del «Furioso» e altri saggi tra Quattro e Cinquecento cit., pp. 201-247.

36 Questi i principali fascicoli di riviste e volumi editi in occasione del quinto centenario: Lodovico Ariosto: il suo tempo la sua terra la sua gente, «Bollettino storico reggiano», 25-28, 1974; «Cultura e scuola», LII, 1974; Per l’Ariosto, «Italianistica», III, 1974; Aa.Vv., Ludovico Ariosto. Atti dei Convegni Lincei cit.; «La Rassegna della letteratura italiana», 1975, 1-2; Aa.Vv., Ludovico Ariosto: lingua, stile e tradizione, Milano, Feltrinelli, 1976; Aa.Vv., Ariosto 1974 in America, Ravenna, Longo, 1976; Aa.Vv., Il Rinascimento nelle corti padane. Società e cultura. Atti del convegno «Società e cultura al tempo di Ludovico Ariosto», Bari, De Donato, 1977.

37 Nei numeri dedicati all’Ariosto dalle riviste «Italianistica» e «La Rassegna della letteratura italiana» furono accolti infatti contributi di numerosi scrittori.

38 A. Baldini, Ludovico della tranquillità. Divagazioni ariostesche, Bologna, Zanichelli, 1933; Id., Stazioni dell’ottava rima, in Cattedra d’occasione, Firenze, La Nuova Italia, 1941; Id., Ariosto e dintorni, Caltanissetta-Roma, Sciascia, 1958; R. Bacchelli, La congiura di Don Giulio d’Este cit.; Orlando Furioso di Ludovico Ariosto raccontato da Italo Calvino, Torino, Einaudi, 1970 (ora Italo Calvino racconta l’Orlando Furioso, Torino, Einaudi, 1990); I. Calvino, La struttura del «Furioso», «Terzoprogramma», 2-3, 1974, pp. 51-58; Id., Piccola antologia di ottave, «La Rassegna della letteratura italiana», 1975, 1-2, pp. 6-9 (i due saggi ora in Perché leggere i classici, Milano, Mondadori, 1991). Palesi presenze ariostesche anche in Il castello dei destini incrociati, Torino, Einaudi, 1973. Su Calvino e Ariosto cfr. M. Corti, Il gioco dei tarocchi come creazione di intrecci, in Il viaggio testuale. Le ideologie e le strutture semiotiche, Torino, Einaudi, 1978; C. Ossola, Figurato e rimosso. Icone e interni del testo, Bologna, Il Mulino, 1988; L. Waage Petersen, Calvino lettore dell’Ariosto, «Revue Romane», 2, 1991, pp. 230-246; G. Bertone, Italo Calvino. Il castello della scrittura, in Indizi, Genova, Marietti, 1992, pp. 115-131.

39 Orlando Furioso di Ludovico Ariosto, riduzione di E. Sanguineti, regia di L. Ronconi, a cura di G. Bartolucci, Roma, Bulzoni, 1970 (di Bartolucci è, in questo testo, Un teatro dell’ironia. A colloquio con L. Ronconi ed E. Sanguineti, pp. 13-23). Si veda anche Le macchine teatrali dell’«Orlando Furioso» di Luca Ronconi, intervista a Luca Ronconi a cura di Giuseppe Anceschi in J. Bentini (a cura di), Signore cortese e umanissimo. Viaggio intorno a Ludovico Ariosto, Venezia, Marsilio, 1994, pp. 132-139. Di Sanguineti si veda La macchina narrativa dell’Ariosto, introduzione a L. Ariosto, Orlando Furioso, Milano, Garzanti, 1974. Ronconi ha pure curato una riduzione cinematografico-televisiva del Furioso nel 1974.

40 Ricorderemo cosí il Centro studi «Europa delle corti» che pubblica nella sua collana «Biblioteca del Cinquecento» (Roma, Bulzoni) contributi interdisciplinari tra i quali, per il tema che ci interessa, ricorderemo il già citato La Corte e lo spazio: Ferrara estense. E ancora Aa.Vv., La corte di Ferrara e il suo mecenatismo 1441-1598 (Atti del Convegno Internazionale, Copenaghen, 1987), Modena, Panini, 1990; Aa.Vv., Le Muse e il principe. Arte di corte nel Rinascimento padano, Modena, Panini, 1991. Va pure segnalato l’importante contributo di M.L. Doglio, L’occhio del Principe e lo specchio del cortigiano. Rassegna di testi e studi sulla letteratura di corte nel Rinascimento italiano (1954-1982), «Lettere italiane», XXXVI, 1984, pp. 239-273.

41 Queste le sezioni che compongono il volume: «Le corti e lo stato signorile»; «Le istituzioni ecclesiastiche e le idee religiose»; «Assetto del territorio e vita economica»; «La cultura filosofica e scientifica»; «Corte Scena Teatro».

42 G. Ghinassi, Il volgare mantovano tra il Medioevo e il Rinascimento, in Aa.Vv., Ludovico Ariosto: lingua, stile e tradizione cit., pp. 7-28; S. Isella, Ariosto e Folengo: due operazioni convergenti, ivi, pp. 39-48; A. Stella, Note sull’evoluzione linguistica dell’Ariosto, ivi, pp. 49-64. Di impianto storico-linguistico anche gli studi di C. Grayson, Appunti sulla lingua delle commedie in prosa e in versi, ivi, pp. 379-390; G. Herczeg, Studi di sintassi ariostesca, «Acta linguistica. Academiae Scientiarum Hungaricae», XXV, 1975, pp. 81-117; M. Medici, Presenza e vicende della coordinazione di indicativo con congiuntivo in proposizioni dipendenti nel «Furioso», in Lodovico Ariosto: il suo tempo la sua terra la sua gente cit., 27, pp. 151-157; Id., Varianti di indicativo e congiuntivo nelle tre edizioni dell’«Orlando Furioso», «La Rassegna della letteratura italiana», 1975, 1-2, pp. 279-304; Id., Usi alternativi di indicativo e congiuntivo nell’«Orlando Furioso», Lecce, Milella, 1977; Id., Aspetti delle varianti dei frammenti autografi dell’«Orlando Furioso», «Annali dell’Università di Lecce. Facoltà di Lettere e Filosofia», 1977-1980, pp. 447-458; Id., Varianti di indicativo e congiuntivo nei rifacimenti delle «Commedie» ariostesche, «Critica letteraria», 1978, 6, pp. 495-508; Id., Indicativo e congiuntivo coordinato nelle «Satire» di Ludovico Ariosto, «Lingua nostra», XLII, 1981, pp. 43-44; Id., Ancora sulla coordinazione di indicativo e congiuntivo nelle «Satire» dell’Ariosto, «Linguistica», XXIV, 1984, pp. 247-249; P.V. Mengaldo, Una costante eufonica nell’elaborazione dell’«Orlando Furioso», «Lingua nostra», XLII, 1981, pp. 33-39; Id., Un nuovo dialettalismo del Furioso, in Aa.Vv., Scritti linguistici in onore di G.B. Pellegrini, Pisa, Pacini, 1983, vol. I, pp. 489-494; A.L. Lepschy, I tempi dell’Ariosto: tempo verbale e prospettiva narrativa nel primo canto dell’«Orlando Furioso», in Aa.Vv., The Languages of Literature in Renaissance Italy, Oxford, Clarendon, 1988, pp. 211-221; M. Spinella, Interpretazione e discorso diretto nel «Furioso», «Il piccolo Hans», 68, 1990-1991, pp. 181-205; F. Sberlati, Retorica e sintassi nel XII del «Furioso», «Lingua e stile», XXVII, 1992, pp. 379-404; Id., Sospensione e intrattenimento. Tracce di una tradizione orale nel «Furioso», in Aa.Vv., Mappe e letture. Studi in onore di Ezio Raimondi, Bologna, Il Mulino, 1994, pp. 47-66.

43 W. Binni, Le «Lettere» e le «Satire» cit. Solido e di notevole utilità lo studio di O. Rombaldi, Lodovico Ariosto commissario generale della Garfagnana, in Lodovico Ariosto: il suo tempo la sua terra la sua gente cit., 28, pp. 37-72. Si vedano pure L. Ariosto, Lettere dalla Garfagnana, a cura di G. Scalia, Bologna, Cappelli, 1977. E ancora R. Baillet, La correspondance de l’Arioste: de l’heroisme chevaleresque à la praxis machiavelienne, in Aa.Vv., La correspondance, Aix-en-Provence, Université de Provence, 1984-1985, vol. II, pp. 220-237. È parzialmente dedicato all’analisi delle Lettere ariostesche lo studio di N. Bonifazi, Ariosto, il paladino e le lettere infedeli, nel suo Le lettere infedeli. Ariosto, Leopardi, Manzoni, Roma, Officina, 1975.

44 F. Chiappelli, Sul linguaggio dell’Ariosto, in Aa.Vv., Ludovico Ariosto. Atti dei Convegni Lincei cit., pp. 33-48 (ora in Il legame musaico, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1984); G. Dalla Palma, Dal secondo al terzo «Furioso»: mutamenti di struttura e moventi ideologici, in Aa.Vv., Ludovico Ariosto: lingua, stile e tradizione cit., pp. 95-105 (i contenuti di questo saggio sono in parte rifluiti in Le strutture narrative dell’«Orlando Furioso», Firenze, Olschki, 1984). Si veda anche K.W. Hempfer, Textkonstitution und Rezeption: zum dominant komisch-parodistischen Charakter von Pulcis «Morgante», Boiardos «Orlando Innamorato» und Ariosts «Orlando Furioso», «Romanistisches Jahrbuch», 27, 1976, pp. 77-99; R. Ceserani, Due modelli culturali e narrativi nell’«Orlando Furioso», «Giornale storico della letteratura italiana», CLXI, 1984, pp. 481-506.

45 P. Orvieto, Differenze “retoriche” fra il «Morgante» e il «Furioso» (Per un’interpretazione narratologica del «Furioso»), in Ludovico Ariosto: lingua, stile e tradizione cit., pp. 157-173; L. Blasucci, Riprese linguistico-stilistiche del «Morgante» nell’«Orlando Furioso», ivi, pp. 137-155.

46 C. Ossola, Dantismi metrici nel «Furioso», ivi, pp. 65-94. Su questo tema si veda ancora A. Mariani, Rassegna della presenza della «Commedia» nella poesia cavalleresca dell’Ariosto, «Critica letteraria», 9, 1981, pp. 569-600; Id., Sulla presenza di lessemi danteschi nelle ottave di Pulci, Ariosto, Boiardo e Tasso, «Il Veltro», 4-5, 1981, pp. 595-601; J.T. Chiampi, The Pathos of Stasis: Alcina’s Garden in the «Orlando Furioso», «Forum Italicum», 16, 1982, pp. 241-258, basato su un parallelismo con luoghi della Commedia; R. D’Alfonso, Ricezione dantesca nell’«Orlando Furioso», «Schifanoia», IV, 1987, pp. 53-71; M. Johnson-Haddad, Gelosia: Ariosto reads Dante, «Stanford Italian Review», XI, 1992, pp. 187-201; M. Scalabrini, Il cigno senz’ali. L’idea di Dante nell’«Orlando Furioso», «Schede umanistiche», 2, 1994, pp. 67-78.

47 R. Bruscagli, «Ventura» e «inchiesta» fra Boiardo e Ariosto, in Aa.Vv., Ludovico Ariosto: lingua, stile e tradizione cit., pp. 107-136 (poi in Stagioni della civiltà estense, Pisa, Nistri-Lischi, 1983). Di Bruscagli si veda anche «Romanzo» ed «epos» dall’Ariosto al Tasso, in Aa.Vv., Il romanzo. Origine e sviluppo delle strutture narrative nella letteratura occidentale, Pisa, ETS, 1987, pp. 53-69. Sulla similitudine nel Furioso e sui suoi caratteri di originalità rispetto alla tradizione cavalleresca precedente si veda K. Olson Murtaugh, Ariosto and the Classical Simile, Cambridge (Ma.), Harvard University Press, 1980. Sul passaggio del Furioso dalla forma romanzesca alla forma epica cfr. S. Zatti, Il «Furioso» tra Epos e Romanzo cit.: in questo volume l’attenzione per la quête narrativa già presente in S. Zatti, L’inchiesta, e alcune considerazioni sulla forma del «Furioso», «Modern Language Notes», 103, 1988, pp. 1-30.

48 G. Ponte, Boiardo e Ariosto, «La Rassegna della letteratura italiana», 1975, 1-2, pp. 169-182. Del Ponte si veda pure Un esercizio stilistico dell’Ariosto: la tempesta di mare nel canto XLI del «Furioso», in Aa.Vv., Ludovico Ariosto: lingua, stile e tradizione cit., pp. 195-206, in cui oltre al Boiardo vengono analizzate altre fonti classiche e moderne (questi due studi, assieme ad altri saggi ariosteschi, sono stati di recente ristampati in G. Ponte, Studi sul Rinascimento. Petrarca Leonardo Ariosto, Napoli, Morano, 1994). Sul rapporto Boiardo/Ariosto, su cui è tornata anche la critica piú recente, si vedano A. Franceschetti, Appunti sull’Ariosto lettore dell’«Innamorato», in Aa.Vv., Ludovico Ariosto. Atti dei Convegni Lincei cit., pp. 103-117; C.P. Brand, Ariosto’s Continuation of the «Orlando Innamorato», in Cultural aspects of the Italian Renaissance: Essays in honour of P.O. Kristeller, New York-Manchester, Alfred Zambelli-Manchester University Press, 1976, pp. 377-385; D. Quint, The Figure of Atlante: Ariosto and Boiardo’s Poem, «Modern Language Notes», 94, 1979, pp. 77-91.

49 G. Ferroni, L’Ariosto e la concezione umanistica della follia, in Aa.Vv., Ludovico Ariosto. Atti dei Convegni Lincei cit., pp. 73-92. Sulla presenza erasmiana nell’opera ariostesca cfr. anche G.B. Salinari, L’Ariosto fra Machiavelli ed Erasmo, Roma, Bibliotechina de «La rassegna di cultura e vita scolastica», 1968, e N. Borsellino, Ludovico Ariosto cit. Ancora, sul tema della follia e sulle sue matrici umanistiche cfr. A. Di Tommaso, «Insania» and «Furor»: a Diagnostic Note on Orlando’s Malady, «Romance Notes», 1973, 3, pp. 583-588; G. Dalla Palma, Una cifra per la pazzia di Orlando, «Strumenti critici», 1975, 3, pp. 367-379 (anche questo saggio è rifluito in Le strutture narrative dell’«Orlando Furioso» cit.); D. Rolfs, Sleep, Dreams and Insomnia in the «Orlando Furioso», «Italica», 1976, 4, pp. 453-474; C. Ossola, Métaphore et inventaire de la folie dans la littérature italienne du XVIe siècle, in Aa.Vv., Folie et déraison à la Renaissance, Bruxelles, Editions de l’Université, 1976, pp. 171-196; E. Weaver, Lettura dell’intreccio dell’«Orlando Furioso»: il caso delle tre pazzie d’amore, «Strumenti critici», 1977, 3, pp. 384-406; C.C. Craig, Folly in the «Orlando Furioso»: The Technique of Thematic and Stylistic Build-Up, «Carte italiane: A Journal of Italian Studies (UCLA)», I (1979-1980), pp. 23-35; F. Masciandaro, Folly in the «Orlando Furioso»: A Reading of the Gabrina Episode, «Forum Italicum», I, 1980, pp. 56-77; A. Rochon, La folie d’amour dans le «Roland furieux»: la sagesse ambigüe de l’Arioste, in Aa.Vv., Visages de la folie (1500-1650): domaine hispano-italien, Paris, Publications de la Sorbonne, 1981, pp. 93-100; G. Scianatico, I modelli della follia nella letteratura del primo Cinquecento: Erasmo e l’Ariosto, «Esperienze letterarie», XI, 1986, pp. 43-59 (ora, ampliato, in Il dubbio della ragione. Forme dell’irrazionalità nella letteratura del Cinquecento, Venezia, Marsilio, 1989).

50 A. Roncaglia, Nascita e sviluppo della narrativa cavalleresca nella Francia medievale, in Aa.Vv.,Ludovico Ariosto. Atti dei Convegni Lincei cit., pp. 229-250 (di Roncaglia anche L’Arioste et la poésie chevaleresque française, «Notiziario culturale italiano», 3, 1974, pp. 59-67); D. Delcorno Branca, L’Ariosto e la tradizione del romanzo medievale, in Aa.Vv., Ludovico Ariosto. Atti dei Convegni Lincei cit., pp. 93-102; R. Alhaique Pettinelli, Tra il Boiardo e l’Ariosto: il Cieco da Ferrara e Niccolò degli Agostini, «La Rassegna della letteratura italiana», 1975, 1-2, pp. 232-278 (ora in L’immaginario cavalleresco nel Rinascimento ferrarese, Roma, Bonacci, 1983). Sulle continuazioni dell’Innamorato, cfr. anche G. Paparelli, Tra Boiardo e Ariosto: le «gionte» all’«Innamorato» di Niccolò degli Agostini e Raffaele da Verona, introduzione alla riproduzione fototipica del testo di Raffaele da Verona, Salerno, Beta, 1971 (poi in Da Ariosto a Quasimodo: saggi, Napoli, Società Editrice Napoletana, 1978); Id., Una probabile fonte dell’Ariosto: la «gionta» all’«Innamorato» di Raffaele da Verona, in Aa.Vv., Saggi di letteratura italiana in onore di Gaetano Trombatore, Milano, Cisalpino-Goliardica, 1973, pp. 343-356.

51 C. Gnudi, L’Ariosto e le arti figurative, in Aa.Vv., Ludovico Ariosto. Atti dei Convegni Lincei cit., pp. 331-401 (ristampato in J. Bentini [a cura di], Signore cortese e umanissimo. Viaggio intorno a Ludovico Ariosto cit., pp. 13-48); cfr. pure R.W. Hanning, Ariosto, Ovid, and the Painters: Mythological Paragone in «Orlando Furioso» X and XI, in Aa.Vv., Ariosto 1974 in America cit., pp. 99-116.

52 C. Dionisotti, Tiziano e la letteratura, «Lettere italiane», XXVIII, 1976, pp. 401-409; C. Gnudi, Il ciclo cavalleresco del Pisanello alla corte dei Gonzaga: I. Il Pisanello e la grande scoperta di Mantova, in Aa.Vv., Studies in Late Medieval and Renaissance Painting in Honor of Millard Meiss, I, New York, New York University Press, 1977, pp. 192-204; R.W. Lee, Ariosto’s «Roger» and «Angelica» in Sixteenth-Century Art: Some Facts and Hypotheses, ivi, pp. 302-319; Id., Names on Trees: Ariosto into Art, Princeton, Princeton University Press, 1977; A. Chastel, Titien et les humanistes, in Fables, Formes, Figures, Paris, Flammarion, 1978, vol. I, pp. 341-361; G. Padoan, Ut pictura poesis: le “pitture” di Ariosto e le “poesie” di Tiziano, in Momenti del Rinascimento veneto, Padova, Antenore, 1978, pp. 347-370; G. Pozzi, Il ritratto della donna nella poesia di primo Cinquecento e la pittura di Giorgione, «Lettere italiane», XXXI, 1979, pp. 1-30; G. Savarese, Il «Furioso» e le arti visive, in Atti del Convegno «Giorgione e la cultura veneta fra ’400 e ’500», Roma, De Luca, 1981, pp. 207-212 (poi in Il «Furioso» e la cultura del Rinascimento cit.); R. Ceserani, Ludovico Ariosto e la cultura figurativa del suo tempo, in Aa.Vv., Studies in the Italian Renaissance: Essays in Memory of Arnolfo B. Ferruolo, Napoli, Società Editrice Napoletana, 1985, pp. 145-166; F. Chiappelli, Ariosto, Tasso e la bellezza delle donne, «Filologia e critica», X, 1985, pp. 325-341; S. De Laude, Nota su «Orlando Furioso» XI, 71, «Strumenti critici», 1993, 1, pp. 81-86; S. Kolsky, Male Descriptions, Female Inscriptions («Orlando Furioso», XLII, 73-96), «Romance Notes», XXXI, 1990, pp. 155-160. È pure da segnalare la particolare attenzione che Emilio Bigi ha rivolto a questo aspetto nel suo commento al Furioso (L. Ariosto, Orlando Furioso, con Introduzione e note di E. Bigi, Milano, Rusconi, 1982).

53 Su tali intersezioni cfr. G. Marzi, Musica e strumenti nella poesia ariostesca, in Lodovico Ariosto: il suo tempo la sua terra la sua gente cit., 27, pp. 57-62; M.A. Balsano (a cura di), L’Ariosto, la musica e i musicisti. Quattro studi e sette madrigali ariosteschi, Firenze, Olschki, 1981.

54 L. Ariosto, Commedie, a cura di A. Casella, G. Ronchi, E. Varasi, Milano, Mondadori, 1974.

55 G. Ronchi, A. Casella, Le «Commedie» e i loro stampatori, in Aa.Vv., Ludovico Ariosto: lingua, stile e tradizione cit., pp. 331-345.

56 P.M. Bertinetto, Il ritmo della prosa e del verso nelle commedie dell’Ariosto, ivi, pp. 347-377; S. Ferrone, Sulle commedie in prosa dell’Ariosto, ivi, pp. 391-425; M.L. Doglio, Lingua e struttura del «Negromante», ivi, pp. 427-443; A. De Luca, I prologhi delle commedie ariostesche, in Aa.Vv., Ludovico Ariosto. Atti dei Convegni Lincei cit., pp. 577-589; Id., La prima redazione della «Cassaria», «La Rassegna della letteratura italiana», 1975, 1-2, pp. 215-231 (questi due saggi sono stati riprodotti all’interno del volume Il teatro di Ludovico Ariosto, Roma, Bulzoni, 1981); G. Ferroni, Per una storia del teatro dell’Ariosto, «La Rassegna della letteratura italiana», 1975, 1-2, pp. 85-128 (questo ed altri saggi ariosteschi sono rifluiti in Il testo e la scena: saggi sul teatro del Cinquecento, Roma, Bulzoni, 1980). Vanno ancora ricordati, per gli anni Settanta, D. Clouet, Empirisme ou égotisme: la politique dans la «Cassaria» et les «Suppositi» de l’Arioste, in Aa.Vv., Les écrivains et le pouvoir en Italie à l’époque de la Renaissance, Paris, Université de la Sorbonne Nouvelle, 1974, pp. 7-44; A. Greco, Ludovico Ariosto: modelli per l’istituzione del teatro comico, «Annali della pubblica istruzione», XXI, 1975, pp. 147-159 (poi in L’istituzione del teatro comico nel Rinascimento, Napoli, Liguori, 1976); M. Baratto, La commedia del Cinquecento (aspetti e problemi), Vicenza, Neri-Pozza, 1977; G. Venturi, Le scelte metriche e teatrali dell’Ariosto, «Rivista italiana di drammaturgia», I, 1976, pp. 19-42 (poi in Le scene dell’Eden. Teatro, arte, giardini nella letteratura italiana, Ferrara, Bovolenta, 1979).

57 G. Padoan, Il tramonto di Machiavelli, «Lettere italiane», XXIII, 1981, 4, pp. 457-481; M. Plaisance, Lo spazio ferrarese nelle prime due commedie dell’Ariosto, in Aa.Vv., La corte e lo spazio: Ferrara estense cit., vol. I, pp. 247-255; P. Larivaille, Spazio scenico e spazio cittadino ne «La Lena», ivi, pp. 257-278; Id., L’Ariosto da «La Cassaria» a «La Lena». Per un’analisi narratologica della trama comica, in Aa.Vv., La semiotica e il doppio teatrale, Napoli, Liguori, 1981 (sulla scenografia delle prime commedie ariostesche cfr. anche E. Povoledo, Origini e aspetti della scenografia in Italia: dalla fine del Quattrocento agli intermezzi fiorentini del 1589, in N. Pirrotta, Li due Orfei. Da Poliziano a Monteverdi, Torino, Einaudi, 1975); I.A. Portner, A Non-Performance of «Il Negromante», «Italica», 59, 1982, pp. 316-329; R. Scrivano, Spazio e teatro nella Ferrara del Cinquecento, in Finzioni teatrali, da Ariosto a Pirandello, Firenze-Messina, D’Anna, 1982; Id., Per una “filosofia” del teatro comico del Rinascimento, «Critica letteraria», XLVII, 1985, pp. 233-247; G. Innamorati, I testi letterari per il teatro, in Aa.Vv., Il teatro del Cinquecento: i luoghi, i testi e gli attori, Firenze, Sansoni, 1982, pp. 39-57; A. Guidotti, Dall’imitazione all’«arroganzia»: sviluppo della tecnica teatrale delle commedie dell’Ariosto, «Rivista italiana di drammaturgia», V, 1980, pp. 17-38 (ora in Il modello e la trasgressione: commedie del primo ’500, Roma, Bulzoni, 1983); R.J. Rodini, Dispersion and (Re)Integration: Ariosto’s «I Suppositi» and Archetypal Modes of Early Sixteenth-Century Italian Comedy, «Journal of Medieval and Renaissance Studies», XVI, 1986, pp. 197-212; O. Pugliese Zorzi, Svestire la commedia: «La Lena» dell’Ariosto, «Rivista di studi italiani», 1-2, 1986-87, pp. 1-10; G. Roccuto, «I Suppositi» di Ariosto: l’inserimento dei personaggi plautini e terenziani nella società cinquecentesca, in Aa.Vv., Homo sapiens, homo humanus, Firenze, Olschki, 1990, vol. II, pp. 223-236; D. Quarta, I “versi” e i “giochi”. Appunti sulla drammaturgia di Ludovico Ariosto, «Quaderni di Donna Olimpia», 4, 1993, pp. 9-26; G. Di Bello, La fortuna scenica delle commedie di Ludovico Ariosto dalle prime rappresentazioni ai giorni nostri, ivi, pp. 27-72.

58 Nel 1974 il Caretti aveva curato un’edizione (Venezia, Corbo e Fiore) poi ristampata da Einaudi nel 1977. L’introduzione a queste edizioni, con il titolo Storia dei «Cinque Canti», è apparsa in «Italianistica», III, 1974, pp. 87-96, e successivamente in Antichi e moderni. Studi di letteratura italiana, Torino, Einaudi, 1976. Si vedano pure L. Capra, Per la datazione dei «Cinque Canti» dell’Ariosto, «Giornale storico della letteratura italiana», CLI, 1974, pp. 278-295; P. Fontana, Ancora sui «Cinque Canti» dell’Ariosto, «Italianistica», III, 1974, pp. 97-109; L. Rossi, Sui «Cinque Canti» di Lodovico Ariosto, in Aa.Vv., Lodovico Ariosto: il suo tempo la sua terra la sua gente cit., 28, pp. 91-150; C.F. Goffis, I «Cinque Canti» di un nuovo libro di M. Ludovico Ariosto, «La Rassegna della letteratura italiana», 1975, 1-2, pp. 146-168; G. Padoan, L’«Orlando Furioso» e la crisi del Rinascimento, in Aa.Vv., Ariosto 1974 in America cit., pp. 1-29; P.L. Cerisola, Il problema critico dei «Cinque Canti», in Aa.Vv., Studi sull’Ariosto, Milano, Vita e Pensiero, 1977, pp. 147-186; M. Bastiaensen, La nave magica di Gloricia, «Italianistica», IX, 1980, pp. 234-250; R. Manica, L’ombra lunga dei «Cinque Canti», in Preliminari sull’«Orlando Furioso», Roma, Bulzoni, 1983 (questo volume del Manica è, nel suo complesso, una densa lettura del poema ariostesco accompagnata da ampi riferimenti bibliografici intelligentemente discussi); R. Cavalluzzi, Rotti gli incanti e disprezzata l’arte (Ariosto, «Cinque Canti»). Nel sistema della corte: sintomi della coscienza infelice, «Lavoro critico», XXXIII, 1984, pp. 159-190.

59 I Cinque Canti come libro nuovo (secondo l’ipotesi del Pigna) sono stati riproposti da M. Beer, Romanzi di cavalleria. Il «Furioso» e il romanzo italiano del primo Cinquecento, Roma, Bulzoni, 1987; A. Casadei, Alcune considerazioni sui «Cinque Canti», «Giornale storico della letteratura italiana», CLXV, 1988, pp. 161-179; Id., Notizie intorno alla prima edizione dei «Cinque Canti», «Schifanoia», VI, 1988, pp. 205-209; Id., I «Cinque Canti» o l’ultima eredità di Boiardo, in Il percorso del «Furioso», Bologna, Il Mulino, 1993; S. Zatti, I «Cinque Canti»: la crisi dell’autorità, «Studi ariosteschi», 1992, 8, pp. 23-40.

60 L. Ariosto, Opere, Milano, Mondadori, 1984, vol. III (in questo volume le Satire sono a cura del Segre che ha poi dato un’edizione definitiva in L. Ariosto, Satire, edizione critica e commentata, Torino, Einaudi, 1987). Cfr. pure C. Segre, La prima redazione inedita di due satire dell’Ariosto, in Aa.Vv., Tra latino e volgare. Per Carlo Dionisotti, Padova, Antenore, 1974, pp. 675-708; Id., Storia testuale e linguistica delle «Satire», in Ludovico Ariosto: lingua, stile e tradizione cit., pp. 315-330; Id., Difendo l’Ariosto. Sulle correzioni autografe delle «Satire», «Rivista di letteratura italiana», II, 1984, pp. 145-162. Quest’ultimo saggio era una risposta polemica alla pubblicazione di L. Ariosto, Le satire secondo il codice ferrarese, Ferrara, 1983 (suppl. al «Giornale Filologico Ferrarese»), a cura di Luciano Capra che aveva lí riproposto le tesi del suo studio Per il testo delle «Satire» di Ludovico Ariosto, «Studi e problemi di critica testuale», 11, 1975, pp. 51-73, che rifiutava l’autografia delle correzioni presenti in quel codice. Sempre del Segre si veda, in relazione all’edizione critica del 1987, Un nuovo manoscritto delle «Satire» di Ludovico Ariosto, in Aa.Vv., Forme e vicende. Per Giovanni Pozzi, Padova, Antenore, 1988, pp. 159-170.

61 P. DeSa Wiggins, A Defense of the Satires, in Aa.Vv., Ariosto 1974 in America cit., pp. 55-68.

62 A. Tissoni Benvenuti, La tradizione della terza rima e l’Ariosto, in Aa.Vv., Ludovico Ariosto: lingua, stile e tradizione cit., pp. 303-313. Sull’Obizzeide si veda R. Fedi, La memoria della poesia. Canzonieri, lirici e libri di rime nel Rinascimento, Roma, Salerno, 1990, pp. 83-115; A. Casadei, Sulle prime edizioni a stampa delle «Rime» ariostesche, «La Bibliofilia», XCIV, 1992, pp. 187-195.

63 D. Marsh, Horatian Influence and Imitation in Ariosto’s Satires, «Comparative Literature», XXVII, 1975, pp. 307-326. Ha messo l’accento invece su un influsso giovenaliano S. Citroni Marchetti, «Quid Romae faciam? Mentiri nescio...»: il motivo giovenaliano del rifiuto delle arti indegne nella tradizione della satira regolare italiana e francese, «Rivista di letterature moderne e comparate», XXXIII, 1980 e XXXIV, 1981: su Ariosto, XXXIII, pp. 92-100. Precedente a questi è da ricordare lo studio di P. Schuk, Die Stellung Ariosts in der Tradition der klassischen Satire, «Zeitschrift für romanische Philologie», LXXXVI, 1970, pp. 49-82.

64 C. Segre, Struttura dialogica delle satire ariostesche, in Aa.Vv., Ariosto 1974 in America cit., pp. 41-54 (poi in Semiotica filologica: testo e modelli culturali, Torino, Einaudi, 1979); V. Cuccaro, The Humanism of Ludovico Ariosto (From the «Satire» to the «Orlando Furioso»), Ravenna, Longo, 1981; J. Sarkissian, Allusion to Classical Satire in Ariosto’s First and Third «Satire», in Aa.Vv., The Early Renaissance: Virgil and the Classical Tradition, Binghamton (NY), The Center for Medieval and Early Renaissance Studies-State University of New York, 1985, pp. 107-120; C. Segre, La favola della luna (Ariosto, «Sat.», III, 208-31) e i suoi precedenti, in Aa.Vv., Book Production and Letters in the Western European Renaissance, London, Modern Humanities Research Ass., 1986, pp. 279-283 (ora in Fuori del Mondo cit.); A. La Penna, Un altro apologo oraziano nelle «Satire» dell’Ariosto e altre brevi note alle «Satire», «Rivista di letteratura italiana», VI, 1988, pp. 259-264 (ora in Tersite censurato e altri studi di letteratura fra antico e moderno, Pisa, Nistri-Lischi, 1991). Cfr. anche M. Santoro, Polivalenza semantica e «funzione» dell’apologo della zucca, in Aa.Vv., Scritti in onore di C. Carbonara, Napoli, Giannini, 1975, pp. 818-831; Id., «Consiglio» e «sorte» nella quinta satira ariostesca, «Esperienze letterarie», VIII, 1983, pp. 3-22; Id., Il binomio umanistico «bontà» e «dottrina» nella satira ariostesca dell’«educazione», ivi, XIII, 1988, pp. 3-16 (questi tre saggi si leggono ora nel volume Ariosto e il Rinascimento cit.); A. Corsaro, «In questo rincrescevol labirinto»: le satire garfagnine di Ludovico Ariosto, «Filologia e critica», IV, 1979, pp. 188-211; Id., Sulla satira quinta dell’Ariosto, «Italianistica», IX, 1980, pp. 466-477; G.M. Veneziano, Le satire dell’Ariosto ovvero della malinconia, in Aa.Vv., Teoria e storia dei generi letterari. I bersagli della satira, Torino, Tirrenia-Stampatori, 1987, pp. 39-49; C. Bologna, Satire di Ludovico Ariosto, in Letteratura italiana (diretta da A. Asor Rosa), Le opere. II. Dal Cinquecento al Settecento, Torino, Einaudi, 1993, pp. 181-218.

65 P. Floriani, Protostoria delle «Satire» ariostesche, «Rivista di letteratura italiana», I, 1983, pp. 491-526; Id., Il modello ariostesco. La satira classicistica nel Cinquecento, Roma, Bulzoni, 1988; Id., La poesia classicista del ’500 e la satira ariostesco-oraziana, in Aa.Vv., La poesia. Origine e sviluppo delle forme poetiche nella letteratura occidentale, I, Pisa, ETS, 1991, pp. 211-222; Id., Come riscrivere le satire antiche (un “caso” di imitazione creativa), in Aa.Vv., Riscrittura, intertestualità, transcodificazione, Pisa, TEP, 1992, pp. 63-79; D. Romei, Berni e i berneschi del Cinquecento, Firenze, Centro 2P, 1984; G.M.S. Galbiati, Per una teoria della satira fra Quattro e Cinquecento, «Italianistica», XVI, 1987, pp. 9-37.

66 G. Ponte, La personalità e l’arte dell’Ariosto nei «Carmina», «La Rassegna della letteratura italiana», 1975, 1-2, pp. 34-45; L. Paoletti, Cronaca e letteratura nei «Carmina», in Aa.Vv., Ludovico Ariosto: lingua, stile e tradizione cit., pp. 265-282. In precedenza erano stati pubblicati i saggi di E. Pace, Le liriche latine dell’Ariosto, «Giornale italiano di filologia», 14, 1961, pp. 104-128, e di C. Mutini, Nota sull’«Epitaphium Ludovici Areosti», «Bibliothèque d’Humanisme et Renaissance», 25, 1963, pp. 198-206 (poi, rivisto, in L’autore e l’opera: saggi sulla letteratura del Cinquecento, Roma, Bulzoni, 1973). Da ricordare l’importante studio di E. Bigi Vita e letteratura nella poesia giovanile dell’Ariosto, «Giornale storico della letteratura italiana», CXLV, 1968, pp. 1-37 (ora in Poesia latina e volgare nel Rinascimento italiano, Napoli, Morano, 1989).

67 A. Della Casa, Tre note ai «Carmina» dell’Ariosto (cc. XII e XVII; VI 20), in Aa.Vv., Studi di letteratura italiana in onore di Fausto Montanari, Genova, Il Melangolo, 1980, pp. 91-96. Sui Carmina si vedano ancora G. Paparelli, L’Ariosto lirico e satirico, in Per l’Ariosto, «Italianistica», III, 1974, pp. 23-43; L. Santo, Una «crux» ariostea, «Quaderni dell’Istituto di Filologia Latina (Padova)», 4, 1976, pp. 133-156; A. Casadei, Una nota autografa ariostesca e un manoscritto del carme «Ibis ad umbrosas», «Giornale storico della letteratura italiana», CLVIII, 1991, pp. 573-576.

68 E. Bigi, Aspetti stilistici e metrici delle «Rime» dell’Ariosto, «La Rassegna della letteratura italiana», 1975, 1-2, pp. 46-52; Id., Le liriche volgari dell’Ariosto, in Aa.Vv., Ludovico Ariosto. Atti dei Convegni Lincei cit., pp. 49-71; R. Fedi, Petrarchismo prebembesco dell’Ariosto, in Aa.Vv., Ludovico Ariosto: lingua, stile e tradizione cit., pp. 283-302. Precedenti a questi ricordiamo i saggi di A. Carlini, Progetto di edizione critica delle liriche di Ludovico Ariosto, «Giornale storico della letteratura italiana», CXXXV, 1958, pp. 1-40; A. Vallone, Lettura delle «Rime» ariostesche (con particolare riguardo ai sonetti), in Aa.Vv., Saggi e ricerche in memoria di Ettore Li Gotti, «Bollettino del Centro di Studi Filologici e Linguistici Siciliani», 8, 1962, pp. 362-379; R. Chittolina, Sulle «Rime» dell’Ariosto. Problemi di attribuzione, «Studia Ghisleriana», 3, 1967, pp. 296-311; G. Guntert, Per una rivalutazione dell’Ariosto minore: le «Rime», «Lettere italiane», XXIII, 1971, pp. 29-42.

69 C. Bozzetti, Notizie sulle «Rime» dell’Ariosto, in Aa.Vv., Studi di filologia e critica offerti dagli allievi a Lanfranco Caretti, Roma-Salerno, 1985, vol. I, pp. 83-118; L. Ariosto, Rime, a cura di S. Bianchi, Milano, Rizzoli, 1992; A. Casadei, Sulle prime edizioni a stampa delle «Rime» ariostesche, «La Bibliofilia», XCIV, 1992, pp. 187-195.

70 L. Ariosto, Opere, vol. III, Milano, Mondadori, 1984; G. Ronchi, Note sull’«Erbolato», in Aa.Vv., In ricordo di Cesare Angelini: studi di letteratura e filologia, Milano, Il Saggiatore, 1979, pp. 185-194; M. Santoro, L’«Erbolato» o la mercificazione della cultura, in Aa.Vv., Ricerche letterarie e bibliografiche in onore di R. Frattarolo, Roma, Bulzoni, 1986 (ora in Ariosto e il Rinascimento cit.).

71 C. Segre, Le concordanze diacroniche dell’«Orlando Furioso»: concezione e vicende dell’opera, in Aa.Vv., Ludovico Ariosto: lingua, stile e tradizione cit., pp. 231-235; A. Zampolli, Le concordanze diacroniche dell’«Orlando Furioso»: procedura per l’elaborazione automatica, ivi, pp. 237-274. Su questo tema ancora C. Segre, Il problema delle redazioni plurime, in Aa.Vv., La filologia testuale e le scienze umane. Convegno internazionale organizzato in collaborazione con l’Associazione Internazionale di Studi di Lingua e Letteratura Italiana, Roma, Accademia Nazionale dei Lincei, 1994, pp. 175-187.

72 L. Ariosto, Orlando Furioso, Milano, Mondadori, 1976. Già il Dionisotti (Appunti sui «Cinque Canti» cit.) aveva fortemente valutato il primo Furioso e il Caretti (Codicillo, in Antichi e moderni cit., pp. 103-108) aveva affermato che esso era segnato da «un’energia e una inventiva dipoi non piú ritrovate in cosí alto grado».

73 G. Padoan, L’«Orlando Furioso» e la crisi del Rinascimento cit.; W. Moretti, L’ultimo Ariosto, Bologna, Pàtron, 1977; G. Barberi Squarotti, Nei dintorni del «Furioso», in Fine dell’idillio, da Dante al Marino, Genova, Il Melangolo, 1978; M. Bastiaensen, Varianti e colori nel «Furioso», «Giornale storico della letteratura italiana», CLV, 1978, pp. 526-550; D. Marsh, Ruggiero and Leone: Revision and Resolution in Ariosto’s «Orlando Furioso», «Modern Language Notes», 96, 1981, pp. 144-151; E. Saccone, Prospettive sull’ultimo «Furioso», ivi, 98, 1983, pp. 55-68; C.P. Brand, From the Second to the Third Edition of the «Orlando Furioso»: The Marganorre Canto, in Aa.Vv., Book Production and Letters in the Western European Renaissance cit., pp. 32-46; M. Santoro, Ariosto e il Rinascimento cit. (capp. II, IV, XII, XIV, XV); C. Ross, Ariosto’s Fable of Power: Bradamante at the Rocca di Tristano, «Italica», 68, 1991, pp. 155-175; E. Saccone, Figures of Silence in the «Orlando Furioso», «Modern Language Notes», 107, 1992, pp. 36-45; W. Moretti, Ariosto narratore e la sua scuola, Bologna, Pàtron, 1993 (in particolare i capp. IV e V).

74 A. Casadei, La strategia delle varianti. Le correzioni storiche del terzo «Furioso», Lucca, Pacini Fazzi, 1988; Id., Il percorso del «Furioso» cit. Del Casadei sono anche da ricordare, oltre ai saggi già citati, L’esordio del canto XLVI del «Furioso»: strategia compositiva e varianti storico-culturali, «Giornale storico della letteratura italiana», CLXIII, 1986, pp. 53-93; Id., Le ottave di Ariosto «Per la storia d’Italia», «Studi di Filologia Italiana», L, 1992, pp. 41-92; Id., Breve analisi sul finale del primo «Furioso», «Studi e problemi di critica testuale», 44, 1992, pp. 87-100.

75 P. Baldan, Metamorfosi di un orco. Un’irruzione folklorica del Boiardo esorcizzata dall’Ariosto, Milano, Unicopli, 1983; A. Di Tommaso, Boiardo/Ariosto: Textual Relations and Poetic Integrity, «Stanford Italian Review», 4, 1984, pp. 73-91; M. Bregoli-Russo, Boiardo, Ariosto e le imprese, «Medieval Perspectives», 1, 1986, pp. 188-200; P.V. Marinelli, Ariosto and Boiardo: The Origins of «Orlando Furioso», Columbia, University of Missouri Press, 1987; Id., Shaping the Ore: Image and Design in Canto 1 of «Orlando Furioso», «Modern Language Notes», 103, 1988, pp. 31-49 (in questo saggio anche riferimenti alla letteratura delle immagini ed alla pittura del tempo); A. Franceschetti, Eroi, soldati e popoli nel mondo dell’«Innamorato» e del «Furioso», in Aa.Vv., Humanitas e poesia. Studi in onore di G. Paparelli, Salerno, Laveglia, 1988-1990, pp. 117-142; R. Morabito, Spigolature tra Boiardo e Ariosto, «Studi e problemi di critica testuale», 43, 1991, pp. 95-102; A. Franceschetti, Il Boiardo e l’avvio del «Furioso», in Aa.Vv., Da Dante al Manzoni. Miscellanea di studi in onore di Marco Pecoraro, Firenze, Olschki, 1991, vol. I, pp. 111-130; M. Dorigatti, Il boiardismo del primo «Furioso», in Aa.Vv., Tipografie e romanzi in Val Padana fra Quattro e Cinquecento, Modena, Panini, 1992, pp. 161-174; M. Praloran, Vedere, patire, agire: il duello di Lipadusa nel «Furioso», in Aa.Vv., Omaggio a Gianfranco Folena, Padova, Editoriale Programma, 1993, pp. 1089-1105; G. Sangirardi, Boiardismo ariostesco. Presenza e trattamento dell’«Orlando Innamorato» nel «Furioso», Lucca, Pacini Fazzi, 1993. Sul volume del Sangirardi si veda l’ampia e articolata recensione di M.C. Cabani, Considerazioni sul boiardismo del «Furioso» e alcune riflessioni sull’uso degli strumenti informatici nelle indagini intertestuali, «Rivista di letteratura italiana», XII, 1994, pp. 157-248 (in particolare pp. 157-171). Raffronti con la tradizione cavalleresca, oltre che con il Boiardo, in D. Delcorno Branca, Il cavaliere dalle armi incantate: circolazione di un modello narrativo arturiano, «Giornale storico della letteratura italiana», CLIX, 1981, pp. 353-382; O. Visani, La tecnica dell’esordio nel poema cavalleresco dai cantari all’Ariosto, «Schifanoia», 3, 1987, pp. 61-68; M. Santoro, Nell’officina del narrante: gli esordi, in Ariosto e il Rinascimento cit. (già edito in L’anello di Angelica cit.).

76 R. Baillet, Le Roland Furieux et l’actualité, in Le mond poétique de l’Arioste. Essai d’interprétation du Roland Furieux, Lyon, L’Hermès, 1977; Id., L’Aríoste et les princes d’Este: poésie et politique, in Aa.Vv., Le Pouvoir et la Plume. Incitation, controle et repression dans l’Italie du XVIe siècle, Paris, Université de la Sorbonne Nouvelle, 1982, pp. 85-95; A. Fichter, Ariosto: The Dynastic Pair, Bradamante and Ruggiero, in Poets Historical: Dynastic Epic in the Renaissance, New Haven, Yale University Press, 1982, pp. 70-111; P. Larivaille, Poeta, principe, pubblico dall’«Orlando Innamorato» all’«Orlando Furioso», in La corte di Ferrara e il suo mecenatismo cit., pp. 9-32; L. Waage Petersen, Il poeta creatore del principe. Ironia e interpretazione in «Orlando Furioso», ivi, pp. 195-211; K. Hoffman, The Court in the Work of Art: Patronage and Poetic Autonomy in the «Orlando Furioso», Canto 42, «Quaderni d’italianistica», XIII, 1992, pp. 113-124.

77 A. Cerri, Ariosto e la battaglia di Pavia, «Giornale storico della letteratura italiana», CLII, 1975, pp. 551-556; M. Murrin, The Seige of Paris, «Modern Language Notes», 103, 1988, pp. 134-153; W. Moretti, L’ideale ariostesco di un’Europa pacificata e unita e la sua crisi nel terzo «Furioso», in Aa.Vv., The Renaissance in Ferrara and its European Horizons. Il Rinascimento a Ferrara e i suoi orizzonti europei, Cardiff, University of Wales, and Ravenna, Lapucci, 1984, pp. 223-244; Id., L’impero d’Oriente nell’«Orlando Furioso», in Aa.Vv., Ferrara e il Concilio (1438-1439), Ferrara, Università degli Studi, 1992, pp. 143-151 (questi due saggi ora in Ariosto narratore e la sua scuola cit.); S. La Monica, Realtà storica e immaginario bellico ariostesco, «La Rassegna della letteratura italiana», 1985, 2-3, pp. 326-367; Id., Riflessi della politica estense nel «Furioso» e negli «Ecatommiti», ivi, 1-2, pp. 63-83; A. Fiorato, La «gallica face» nell’«Orlando Furioso», in Aa.Vv., La corte di Ferrara e il suo mecenatismo cit., pp. 159-178. Un aspetto particolare dei legami dell’Ariosto con la sua età appare in alcuni studi sul duello nel Furioso: dal piú ampio e articolato contributo di F. Erspamer, La biblioteca di Don Ferrante. Duello e onore nella cultura del Cinquecento, Roma, Bulzoni, 1982, a quelli piú specifici di A. Gusmano, Tipologie del duello nell’«Orlando Furioso», «Schifanoia», 3, 1987, pp. 35-100, G. Monorchio, Tradizioni legali del duello giudiziario nell’episodio di Rinaldo e Ginevra nell’«Orlando Furioso», «Quaderni d’Italianistica», IX, 1988, pp. 171-198, L. Waage Petersen e D. Quarta, Appunti sul duello in Ariosto e Tasso, «Revue Romane», 25, 1990, pp. 414-427.

78 Sull’idea di crisi si sofferma A.R. Ascoli, Ariosto’s Bitter Harmony: Crisis and Evasion in the Italian Renaissance, Princeton, Princeton University Press, 1986. Si vedano pure R. Cavalluzzi, Parabola della coscienza infelice, in Nel sistema della corte. Intellettuali, potere e «crisi» italiana, Palermo, Palumbo, 1986, pp. 11-85; M. Mancini, I «cavallieri antiqui»: paradigmi dell’aristocratico nel «Furioso», «Intersezioni», VII, 1988, pp. 423-454.

79 G. Fragnito, Intorno alla “religione” dell’Ariosto: i dubbi di Bembo e le credenze ereticali del fratello Galasso, «Lettere italiane», XLIV, 1992, pp. 208-239.

80 L. Ariosto, Orlando Furioso, ed. cit.

81 Un illuminante discorso sulla complessità del linguaggio ariostesco era già in G. Mazzacurati, Varietà e digressione: il laboratorio ariostesco nella trasmissione dei “generi’’, in Aa.Vv., Scritture di scritture. Testi, generi e modelli nel Rinascimento, Roma, Bulzoni, 1987, pp. 225-245. S. Jossa, Stratigrafie ariostesche. Modelli classici e lingua poetica nell’«Orlando Furioso», «Rivista di letteratura italiana», IX, 1991, pp. 59-106; Id., Tra forma e norma: Poliziano nella “riscrittura” ariostesca, «Schifanoia», 11, 1991, pp. 81-100; M.C. Cabani, Osservazioni su alcuni procedimenti di riscrittura delle fonti classiche nel «Furioso», in Aa.Vv., Riscrittura, intertestualità, transcodificazione cit., pp. 81-112. Si veda anche G. Ferroni, Da Bradamante a Ricciardetto. Interferenze testuali e scambi di sesso, in Aa.Vv., La parola ritrovata. Fonti e analisi letteraria cit., pp. 137-159; M. Malinverni, Paride in giudizio. Presenze quattrocentesche in un’ottava ariostesca (ed oltre), «Rivista di letteratura italiana», IX, 1991, pp. 107-118; M. Minutelli, Il lamento dell’eroina abbandonata nell’«Orlando Furioso» cit. Per la teorizzazione della intertestualità si rinvia alla nota 22.

82 V. Cuccaro, The Humanism of Ludovico Ariosto cit.; E. Bigi, Introduzione a L. Ariosto, Orlando Furioso cit. (ora in Poesia latina e volgare nel Rinascimento italiano cit.).

83 G. Savarese, Il «Furioso» e la cultura del Rinascimento cit., pp. 43, 13. Per elementi di contatto con la cultura rinascimentale e con i suoi rappresentanti si vedano anche A. Gareffi, Figure dell’immaginario nell’«Orlando Furioso», Roma, Bulzoni, 1984; P. Grossi, La magia rinascimentale e il «Furioso», in Aa.Vv., Il mago, il cosmo, il teatro degli astri. Saggi sulla letteratura esoterica del Rinascimento, Roma, Bulzoni, 1985, pp. 115-134; N. Ordine, Vittoria Colonna nell’«Orlando Furioso», «Studi e problemi di critica testuale», 42, 1991, pp. 55-92. Si segnala anche, per la densità della ricerca e l’originalità dei risultati, L. Fortini, «In piú d’una lingua e in piú d’un stile». Genealogie umanistico-rinascimentali dell’«Orlando Furioso», Tesi di Dottorato in Italianistica (V Ciclo a.a. 1993-94), Dipartimento di Italianistica, Università di Roma «La Sapienza», da cui L. Fortini, Ariosto Roma e la geografia del meraviglioso, «Roma nel Rinascimento», 1994, pp. 75-93.

84 C. Segre, Da uno specchio all’altro cit.; S. Zatti, Il cosmo, la corte, il poema cit., p. 368.

85 A.R. Ascoli, Ariosto’s Bitter Harmony cit.; P.V. Marinelli, Ariosto and Boiardo cit.; del Marinelli si veda anche The Flight of Ariosto’s Hippogriff: Genesis, Elaboration and Function, in Aa.Vv., Ficino and Renaissance Platonism, Ottawa, Dovehouse Editions Canada, 1986, pp. 87-99. Sul «platonismo» ariostesco si era pure soffermato R. Manica, Preliminari sull’«Orlando Furioso» cit., pp. 95-100.

86 D. Javitch, Rescuing Ovid from the Allegorizers: The Liberation of Angelica, «Furioso» X, in Aa.Vv., Ariosto 1974 in America cit., pp. 85-98.

87 M.A. Morettini Bura, Echi decameroniani nell’«Orlando Furioso», «Annali dell’Università per stranieri di Perugia», V, 1983, pp. 105-142; G. Barbirato, Elementi decameroniani in alcune novelle ariostesche, «Studi sul Boccaccio», 16, 1987, pp. 329-360; G. Sangirardi, La presenza del «Decameron» nell’«Orlando Furioso», «Rivista di letteratura italiana», X, 1992, pp. 25-67.

88 M.C. Cabani, Fra omaggio e parodia. Petrarca e petrarchismo nel «Furioso», Pisa, Nistri-Lischi, 1990; Id., Costanti ariostesche. Tecniche di ripresa e memoria interna nell’«Orlando Furioso», Pisa, Scuola Normale Superiore, 1990. Della Cabani si ricordi pure Le forme del cantare epico-cavalleresco, Lucca, Pacini-Fazzi, 1988. Per ciò che riguarda la presenza del registro lirico nel poema ariostesco si veda E. Scarano, Il lamento di Orlando («Orlando Furioso», XXIII, 126-128), «Linguistica e letteratura», XIII-XIV, 1988-89, pp. 1-49. Sulla metrica e lo stile del Furioso cfr. L. Vanossi, Valori iconici della rima nell’«Orlando Furioso», «Lingua e stile», XLV, 1984, pp. 35-47; A. Rizzo, Similitudini e comparazioni nell’«Orlando Furioso», «La Rassegna della letteratura italiana», 1990, 3, pp. 83-88; G. Sangirardi, Forme e strategie della similitudine nell’«Orlando Furioso», «Schifanoia», 1992, 13/14, pp. 57-93; e ancora Archivio delle similitudini. I, Ariosto, Boiardo, Marino, Pulci, B. Tasso, T. Tasso, Tassoni, Trissino, a cura di O. Besomi e N. Casella, Hildesheim-Zurich-New York, Oms, 1994.

89 M. Beer, Il sogno di Orlando, in Romanzi di cavalleria cit., pp. 35-81; S. Longhi, Orlando insonniato. Il sogno e la poesia cavalleresca, Milano, Franco Angeli, 1990. Nel volume della Beer c’è un paragrafo dedicato alle «imprese ariostesche» (pp. 161-167): su questo tema si veda l’ampia nota di E. Bigi nel suo commento; M. Santoro, Pro bono malum, in L’anello di Angelica cit. (poi in Ariosto e il Rinascimento cit.); R. Ceserani, L’impresa delle api e dei serpenti, «Modern Language Notes», 103, 1988, pp. 172-186.

90 R.H. Lansing, Ariosto’s «Orlando Furioso» and the Homeric Model, «Comparative Literature Studies», 24, 1987, pp. 311-325; D. Fachard, L’immagine dell’eroe: reminiscenze omeriche nell’«Innamorato» e nel «Furioso», «Etudes de Lettres», 1, 1989, pp. 5-40. Piú complessivamente su questo tema si veda G. Baldassarri, Il sonno di Zeus. Sperimentazione narrativa del poema rinascimentale e tradizione omerica, Roma, Bulzoni, 1982.

91 A. La Penna, Momenti del dibattito moderno sul mecenatismo antico: Petrarca, Ariosto, in Aa.Vv., L’età augustea vista dai contemporanei e nel giudizio dei posteri, Mantova, Accademia Nazionale Virgiliana, 1988, pp. 317-354 (poi in Tersite censurato cit.: in questo volume, in una importante Introduzione, lo studioso discute e teorizza il concetto di «arte allusiva»). Per una analisi della presenza oraziana nell’Orlando Furioso, si veda R. Alhaique Pettinelli, Orazio e Ariosto, in Aa.Vv., Orazio e la letteratura italiana, Roma, Istituto Poligrafico dello Stato, 1994, pp. 163-184.

92 R.M. Durling, The Epic Ideal in Aa.Vv., The Old World: Discovery and Rebirth, London, Aldus Books, 1974, vol. III, pp. 105-146; N. Agnello, Ariosto e Virgilio. Da Eurialo e Niso a Cloridano e Medoro, «Ausonia», XXIV, 1979, pp. 28-38; T.P. Roche, Ariosto’s Marfisa or Camilla Domesticated, «Modern Language Notes», 103, 1988, pp. 113-133; Id., Ending the New Arcadia: Virgil and Ariosto, «Sidney Newsletter», X, 1989, pp. 3-12; W. Feinstein, Ariosto’s Parodic Rewriting of Virgil in the Episode of Cloridano and Medoro, «South Atlantic Review», LV, 1990, pp. 17-34; J.C. Sitterson, Allusive and Elusive Meanings: Reading Ariosto’s Virgilian Ending, «Renaissance Quarterly», XLV, 1992, pp. 1-17. Su Ariosto e Virgilio si veda pure la voce di E. Bigi nell’Enciclopedia Virgiliana, Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, 1984, e ancora Id., Mitologia cavalleresca e mitologia classica nell’«Orlando Furioso», in Aa.Vv., Il Mito nel Rinascimento, Milano, Nuovi Orizzonti, 1993, pp. 157-171. In relazione al modello ovidiano cfr. A. Ruiz de Elvira, Ovidio y Ariosto, «Siculorum Gymnasium», XXXI, 1978, pp. 417-449; M.G. Orlandi, Ovid True and False in Renaissance Poetry, «Pacific Coast Philology», 13, 1978, pp. 60-70; M. Johnson Haddad, Ovid’s Medusa in Dante and Ariosto: The Poetics of Self-Confrontation, «Journal of Medieval and Renaissance Studies», XIX, 1989, pp. 211-225 (in questo saggio l’attenzione per la figura di Medusa è collegata al tema della follia); M. Minutelli, Il lamento dell’eroina abbandonata nell’«Orlando Furioso» cit. Per una visione complessiva del problema si veda P. Floriani, Il classicismo primo-cinquecentesco e il modello «augusteo», in Aa.Vv., L’età augustea vista dai contemporanei e nel giudizio dei posteri cit., pp. 237-264. Interessante pure E. Fumagalli, Presenze di commenti ai classici nell’«Orlando Furioso», «Aevum», LXVII, 1994, pp. 551-570.

93 D. Javitch, Rescuing Ovid from the Allegorizers cit.; Id., The Influence of the «Orlando Furioso» on Ovid’s «Metamorphoses» in Italian, «Journal of Medieval and Renaissance Studies», XI, 1981, pp. 1-21; Id., The «Orlando Furioso» and Ovid’s Revision of the «Aeneid», «Modern Language Notes», 99, 1984, pp. 1023-1036; Id., The Imitation of Imitations in «Orlando Furioso», «Renaissance Quarterly», 38, 1985, pp. 215-239; Id., Sixteenth-Century Commentaries on Imitations in the «Orlando Furioso», «Harvard Library Bulletin», 34, 1986, pp. 221-250; Id., La legittimazione dell’«Orlando Furioso», «Schifanoia», 4, 1987, pp. 9-24.

94 L. Bolzoni, Dall’Ariosto al Camillo al Doni. Tracce di una versione sconosciuta del «Teatro», «Rinascimento», 22, 1982, pp. 213-247 (poi in Il teatro della memoria. Studi su Giulio Camillo Delminio, Padova, Liviana, 1984); C. Chiodo, Un commentatore cinquecentesco dell’«Orlando Furioso»: Simone Fornari, «Quaderni di Filologia e Lingue Romanze», IV, 1982, pp. 219-231; K.W. Hempfer, Allegorie als interpretatives Verfahren in der Renaissance: Dichterallegorese im 16. Jahrhundert und die allegorischen Rezeption von Ariostos «Orlando Furioso», in Aa.Vv., Italien und die Romania in Humanismus und Renaissance. Festschrift für Erich Loos zum 70. Geburtstag, Wiesbaden, Steiner, 1983, pp. 51-75; Id., Diskrepante Lektüren: Die «Orlando Furioso» Rezeption im Cinquecento, Stuttgart, F. Steiner, 1987; G. Barbuto, Il primo commento all’«Orlando Furioso» e l’edificazione del modello ariostesco, «Annali della Facoltà di Lettere e Filosofia. Università di Napoli», n.s., XIV, 1983-84, pp. 195-227; M.L. Gnerro, Cinquecento Theory and the «Obscure» Muses of Ariosto and Tasso, «Romanic Review», 78, 1987, pp. 525-532; D. Looney, Ariosto the Ferrarese Rapsode: A Compromise in the Critical Terminology for Narrative in the Mid-Cinquecento, in Aa.Vv., Interpreting the Italian Renaissance. Literary Perspectives, New York, Stony Brook, 1991, pp. 139-150; L. Bolzoni, L’allegoria o la creazione dell’oscurità, «L’asino d’oro», II, 1991, pp. 53-69; C. Bologna, Tradizione e fortuna dei classici italiani, Torino, Einaudi, 1993, vol. I, pp. 386-420; W. Moretti, La scuola ariostesca a Ferrara durante il secolo XVI. Il Giraldi, in Ariosto narratore e la sua scuola cit.

95 D. Javitch, Proclaiming a Classic. The Canonization of «Orlando Furioso», Princeton, Princeton University Press, 1991.

96 Oltre agli studi già citati del Dalla Palma e del Ceserani (cfr. nota 44) ricorderemo D. Javitch, Cantus interruptus in the «Orlando Furioso», «Modern Language Notes», 95, 1980, pp. 66-80; Id., Narrative Discontinuity in the «Orlando Furioso» and its Sixteenth Century Critics, «Modern Language Notes», 103, 1988, pp. 50-74; K.W. Hempfer, Die potentielle Autoreflexivität des narrativen Diskurses und Ariosts Orlando Furioso, Stuttgart, Metzler, 1982; A. Gareffi, Figure dell’immaginario nell’«Orlando Furioso» cit.; F. Fido, I desideri e la morte: prolessi narrative del «Furioso», in Studies in the Italian Renaissance: Essays in Memory of A.B. Ferruolo cit., pp. 135-143; P. DeSa Wiggins, Figures in Ariosto’s Tapestry: Character and Design in the «Orlando Furioso», Baltimore, John Hopkins University Press, 1986; E. Donato, «Per selve e boscherecci labirinti»: Desire and Narrative Structure in Ariosto’s «Orlando Furioso», in Aa.Vv., Literary Theory/Renaissance Texts, Baltimore, John Hopkins University Press, 1986, pp. 33-63; R. Tognoli, L’intelligenza narrativa del «Furioso». Le idee letterarie di Ariosto, «Esperienze letterarie», XIV, 1989, pp. 63-75; E. Saccone, Figures of Silence in the «Orlando Furioso» cit.

97 G. Barlusconi, L’«Orlando Furioso» poema dello spazio, in Aa.Vv., Studi sull’Ariosto cit., pp. 39-130 (in analoga prospettiva cfr. G. Getto, L’«Orlando Furioso» e la poesia dello spazio, in Aa.Vv., Studi di letteratura italiana in onore di Fausto Montanari cit., pp. 97-132). Al tema dello spazio nel Furioso, e in particolare alle fonti geografiche del poema, è dedicato il volume A. Doroszlai, J. Guidi, M.F. Piéjus, A. Rochon, Espaces réels et espaces imaginaires dans le «Roland Furieux», Paris, Université de la Sorbonne Nouvelle, 1991.

98 F. Moretti, Opere mondo. Saggio sulla forma epica dal «Faust» a «Cent’anni di solitudine», Torino, Einaudi, 1994.

99 C. Bologna, Orlando Furioso di Ludovico Ariosto, in Letteratura italiana (diretta da A. Asor Rosa), Le opere. II. cit., pp. 219-352.

100 Oltre a saggi che già abbiamo avuto occasione di citare cfr. C.P. Brand, Ariosto’s Ricciardetto and Fiordispina, in Aa.Vv., Stimmen der Romania. Festschrift für Theodor Elwert zum 70. Geburtstag, Wiesbaden, B. Heymann, 1980, pp. 121-133; P. DeSa Wiggins, Ariosto’s Rinaldo: «homo prudens» or «gran pedone», «Forum Italicum», 16, 1982, pp. 33-59; Id., The «Furioso» Third Protagonist, «Modern Language Notes», 103, 1988, pp. 30-54; R. Baehr, Ariosts Alcina und Olimpia: Zu Charakter und «Fortune» eines literarischen Stereotyps, in Aa.Vv., Das Epos in der Romania, Tübingen, Narr, 1986, pp. 13-28; C. Badini, La doppia morale del Paladino-Re, «Schifanoia», IV, 1987, pp. 43-52; A. Baldi, Orlando e Ruggiero: Appunti per un’analisi dei canti del «Furioso», «Carte italiane: A Journal of Italian Studies», 10, 1988-89, pp. 25-40; M. Marcus, Angelica’s Loveknots: The Poetics of Required Desire in «Orlando Furioso» 19 and 23, «Philological Quarterly», 1991, 1, pp. 33-48; J.E. Ruiz-Doménec, Bradamante, la imagen de la ambeguedad feminina, «Lingua e stile», XXVI, 1991, pp. 205-222. Personaggi del Furioso sono pure esaminati in modo specifico nei volumi del Wiggins (P. DeSa Wiggins, Figures in Ariosto’s Tapestry cit.), del Santoro (M. Santoro, Ariosto e il Rinascimento cit.) e del Moretti (W. Moretti, Ariosto narratore e la sua scuola cit.).

101 M. Tomalin, Bradamante and Marfisa: An Analysis of the «Guerriere» of the «Orlando Furioso», «Modern Language Review», 71, 1976, pp. 540-552 (della stessa autrice The Fortunes of the Warrior Heroine in Italian Literature, Ravenna, Longo, 1982); P. Joseph Benson, A Defense of the Excellence of Bradamante, «Quaderni d’Italianistica», IV, 1983, pp. 135-153; Id., The Invention of the Renaissance Woman. The Challenge of Female Indipendence in the Literature and Thought of Italy and England, University Park, Pennsylvania, The Pennsylvania State University Press, 1992; J.C. McLucas, Amazon, Sorceress and Queen: Women and War in the Aristocratic Literature of Sixteenth-Century Italy, «The Italianist: Journal of the Department of Italian Studies, University of Reading», VIII, 1988, pp. 33-55; W. Feinstein, Bradamante in Love: Some Postfeminist Considerations in Ariosto, «Forum Italicum», XXII, 1988, pp. 48-59; M. Shapiro, The Poetics of Ariosto, Detroit, Wayne State University Press, 1988; D. Shemek, Of Women, Knights, Arms and Love: The «querelle des femmes» in Ariosto’s Poem, «Modern Language Notes», 104, 1989, pp. 68-97; Id., The Elusive Object of Desire: Angelica in the «Orlando Furioso», «Annali d’Italianistica», LXXVII, 1989, pp. 116-141; V. Finnucci, The Lady Vanishes: Subjectivity and Representation in Castiglione and Ariosto, Stanford, Stanford University Press, 1992; J. Bryce, Gender and Myth in the «Orlando Furioso», «Italian Studies», 47, 1992, pp. 41-50; R. Alhaique Pettinelli, Figure femminili nella tradizione cavalleresca tra Quattro e Cinquecento, «Italianistica», XXI, 1992, pp. 727-738.

102 R.M. Durling, The Figure of the Poet in Renaissance Epic, Cambridge (Ma.), Harvard University Press, 1965; D.S. Carne-Ross, The One and the Many: A Reading of the «Orlando Furioso», «Arion», 5, 1966, pp. 195-234; ivi, n.s. 3, 1976, pp. 146-219; C.P. Brand, Ludovico Ariosto. Poet and Poem in the Italian Renaissance, «Forum for Modern Language Studies», 4, 1968, pp. 87-101; Id., Ludovico Ariosto: A Preface to the «Orlando Furioso», Edinburgh, Edinburgh University Press, 1974; A. Bartlett Giamatti, «Sfrenatura»: Restraint and Release in «Orlando Furioso», in Aa.Vv., Ariosto 1974 in America cit., pp. 31-39; Id., Headlong Horses, Headless Horsemen: An Essay on the Chivalric Epics of Pulci, Boiardo and Ariosto, in Aa.Vv., Italian Literature, Roots and Branches. Essays in Honor of T.G. Bergin, New Haven and London, Yale University Press, 1976, pp. 265-307; P. Parker, Inescapable Romance, Princeton, Princeton University Press, 1979.

103 Per gli studi piú recenti relativi ad Ariosto si rinvia a J.A. Cavallo, L’«Orlando Furioso» nella critica anglo-americana (1986-1991), «Lettere italiane», XLV, 1993, pp. 129-149.

104 C. Fahy, L’Orlando Furioso» del 1532. Profilo di una edizione, Milano, Vita e Pensiero, 1989. Sempre di Fahy si vedano A New Technique for Collating Copies of the Same Edition, «Bulletin of Society for Italian Studies: A Journal for Teachers of Italian in Higher Education», 17, 1984, pp. 20-24; Id., L’autore in tipografia: le edizioni ferraresi dell’«Orlando Furioso», in Aa.Vv., I libri di «Orlando Innamorato», Modena, Panini, 1987, pp. 105-115; Id., More on the 1532 Edition of Ariosto’s «Orlando Furioso», «Studies in Bibliography», 41, 1988, pp. 225-232; Id., L’«Orlando Furioso» del 1532, «La Bibliofilia», XCIII, 1991, pp. 211-212. Si vedano anche A.H. Gilbert, «Orlando Furioso» as a Sixteenth-Century Text, «Italica», XXXVII, 1960, pp. 239-256; F. Dupuigrenet Desroussilles, Au delà des variantes: Note sur les corrections d’atelier dans les textes imprimés en Italie au XVIe siècle, in Aa.Vv., Réécritures: Commentaires, parodies, variations dans la littérature italienne de la Renaissance, Paris, Université de la Sorbonne Nouvelle, 1984, vol. II, pp. 227-245. Per una rassegna delle edizioni del Furioso dal 1516 al 1615 si veda E. Pace, Aspetti tipografico-editoriali di un “best-seller” del secolo XVI: l’«Orlando Furioso», «Schifanoia», 3, 1987, pp. 103-114.

105 P. Paolini, Situazione della critica ariostesca, in Per l’Ariosto, «Italianistica», III, 1974, pp. 501-520; M. Santoro, Il «nuovo corso» della critica ariostesca, «Cultura e scuola», XIII, 1974, pp. 20-31; D. Medici, La bibliografia della critica ariostesca dal «Fatini» ad oggi (1957-1974), in Aa.Vv., Lodovico Ariosto: il suo tempo la sua terra la sua gente cit., 27, pp. 63-140; G. Baldassarri, Tendenze e prospettive della critica ariostesca nell’ultimo trentennio (1946-1973) cit.; J. Gibaldi, The Fortunes of Ariosto in England and America, in Aa.Vv., Ariosto 1974 in America cit., pp. 135-177; G. Rati, Ludovico Ariosto e la critica (1974-1985), «Cultura e scuola», XXV, 1986, 97, pp. 23-35; ivi, 98, pp. 27-34; C. Badini, Rassegna ariostesca (1976-1985), «Lettere italiane», XXXVIII, 1986, pp. 104-124; R.J. Rodini, Selected Bibliography of Ariosto Criticism, 1980-1987, «Modern Language Notes», 103, 1988, pp. 187-203; M. Beer, Studi ariosteschi nel mondo, «Schifanoia», IX, 1990, pp. 229-261; A. Franceschetti, Contemporary American Re-Readings of the «Furioso», in Aa.Vv., Interpreting the Italian Renaissance: Literaly Perspectives cit., pp. 151-161; A. Casadei, Panorama di studi ariosteschi, «Italianistica», XX, 1991, pp. 131-138; J.A. Cavallo, L’«Orlando Furioso» nella critica anglo-americana (1986-1991) cit. Particolarmente importante, per ampiezza cronologica e accuratezza di informazione, il volume R.J. Rodini, S. Di Maria, Ludovico Ariosto: An Annotated Bibliography of Criticism. 1956-1980, Columbia, University of Missouri Press, 1984. Di R.J. Rodini si veda ancora Selected Bibliography of Ariosto Criticism: 1986-1993, «Annali d’Italianistica», 1994, 12, pp. 299-317. Questo numero di «Annali d’Italianistica» è dedicato a The Italian Epic and Its International Context.

106 R. Ceserani, Dietro i ritratti di Ludovico Ariosto, «Giornale storico della letteratura italiana», CLIII, 1976, pp. 243-295; P. DeSa Wiggins, Galileo on Characterization of «Orlando Furioso», «Italica», 57, 1980, pp. 255-267; G.P. Marchi, Lessing critico dell’Ariosto, in Aa.Vv., Scritti in onore di Antonio Scolari, Verona, Istituto di Studi storici veronesi, 1976, pp. 191-207; M. Sansone, Francesco De Sanctis dal Tasso all’Ariosto, in Aa.Vv., Scritti in onore di Cleto Carbonara cit., pp. 794-805; E.N. Girardi, «Ariosto, Shakespeare, Corneille» e la definizione crociana del «Furioso», in Aa.Vv., Studi sull’Ariosto cit., pp. 13-38; G. Di Pino, Il realismo critico del De Sanctis negli studi sull’Ariosto, in Aa.Vv., De Sanctis e il realismo, Napoli, Giannini, 1978, pp. 737-744; G. Ponte, Attilio Momigliano e gli studi sul Pulci e sull’Ariosto, «La Rassegna della letteratura italiana», 1989, 1-2, pp. 43-57 (del Ponte si veda anche Postille galileiane all’«Orlando Furioso», «Rassegna di cultura e vita scolastica», X, 1956, pp. 7-9, ora in Studi sul Rinascimento cit.); C. Segre, Pio Rajna: le fonti e l’arte dell’«Orlando Furioso», «Strumenti critici», V, 1990, pp. 315-327.