Neofascismo italiano e dittatura cilena. Mutualismo nero tra due continenti

Neofascismo italianodi Vito Ruggiero

Il colpo di Stato cileno del 1973 ha lasciato un solco indelebile nella storia del Novecento, dando impulso a quella che sarebbe stata una delle operazioni di intelligence più durature e sanguinarie che si siano registrate nella storia contemporanea, l’Operazione Condor1.

La declassificazione degli atti riservati di Fbi e Cia e le inchieste giudiziarie portate avanti non solo in Cile, ma anche in Argentina, in Spagna e in Italia hanno permesso di ricostruire le drammatiche vicende di quegli anni, mettendo in luce, tra le altre cose, le relazioni intercorse tra la giunta militare cilena e due tra le principali organizzazioni neofasciste italiane, Avanguardia nazionale e Ordine nuovo, responsabili di numerosi attentati tra il 1969 e il 1976.

Il primo contatto tra la galassia neofascista italiana e la giunta militare cilena sarebbe avvenuto nel 1974, quando Junio Valerio Borghese, ex comandante della X Mas e leader del Fronte nazionale, si recò a Santiago del Cile per portare i suoi omaggi al generale Augusto Pinochet. Con lui vi era anche Stefano Delle Chiaie, fedelissimo di Borghese e figura di spicco di Avanguardia nazionale2. Tale avvenimento venne confermato da Vincenzo Vinciguerra3, strettissimo collaboratore di Delle Chiaie, in una testimonianza resa davanti al Pm Giovanni Salvi4. Dopo aver riferito dell’incontro, l’ordinovista aggiunge che da quel momento il dittatore «aveva delegato ai rapporti con Delle Chiaie un alto ufficiale della Dina (Dirección Nacional de Inteligencia, il servizio segreto cileno), anzi, al responsabile del servizio, colonnello Contreras»5.

Proprio a partire dal 1974, emerse la volontà della giunta militare di neutralizzare gli oppositori del regime, dentro e fuori i confini nazionali6. Con questo proposito, nell’estate del 1975 il colonnello Contreras inviò Michael Townley, agente della Dina7, in Europa con lo scopo di tessere relazioni con i gruppi anticomunisti locali al fine di eliminare gli oppositori socialisti lì rifugiatisi e di consolidare il ruolo del servizio cileno alla guida della lotta anticomunista mondiale8. Durante un incontro con Delle Chiaie a Francoforte, Townley invitò quest’ultimo a prendere parte all’operazione: il regime cileno avrebbe offerto un rifugio sicuro ai militanti di An che ne avessero avuto bisogno; tutto questo in cambio del controllo delle attività degli esuli cileni in Italia9.

L’instaurarsi di tali relazioni consentì a Townley di intraprendere un’azione contro uno dei più rispettati e insidiosi nemici della dittatura: Bernardo Leighton. Membro della Democrazia cristiana cilena, fu ministro del Lavoro nel governo di Arturo Alessandri dal 24 marzo 1937 al 12 marzo 1938, ministro della Pubblica Istruzione nel governo di Gabriel Gonzales dal 27 febbraio 1950 al 4 febbraio 1952 e ministro dell’Interno nel governo di Eduardo Frei. Nel novembre 1973 fu invitato in Italia, insieme a sua moglie Anita Fresno, dal democristiano Gilberto Bonalumi per portare la sua testimonianza riguardo agli eventi cileni e alla dittatura militare, alla quale si oppose sin dal principio. L’anno successivo, un decreto del governo militare gli vietò di tornare nel paese.

Durante la sua permanenza in Italia, Leighton lavorò attivamente al fine di costruire un asse democratico, costituito dagli esuli del suo stesso partito e da ciò che rimaneva dei sostenitori di Allende, che si opponesse dall’esterno alla giunta militare10. L’azione di Leighton, agli occhi dei neofascisti nostrani, appariva pericolosa anche per la situazione politica interna italiana: durante un interrogatorio, Townley spiegò all’Fbi che «i membri dell’organizzazione fascista italiana indicarono che l’ex vicepresidente cileno Bernardo Leighton era considerato un pericoloso catalizzatore che avrebbe potuto costituire la base per la formazione di una coalizione tra la Democrazia cristiana e il Partito socialista in Italia per le imminenti elezioni»11.

Dopo alcune riunioni logistiche, le due componenti organizzarono un attentato ai danni dello statista cileno e di sua moglie, avvenuto il 6 ottobre del 1975, poco dopo le ore 20, quando Pierluigi Concutelli12, militante di On, sparò sulla coppia due colpi di pistola. Entrambi i coniugi sopravvissero miracolosamente, ma riportarono lesioni irreparabili. Le funzioni cerebrali di Leighton furono irrimediabilmente compromesse, pertanto, nonostante fosse sopravvissuto, la missione poteva dirsi compiuta. A tale misfatto prese indirettamente parte anche il Servizio Informazioni Difesa italiano, il quale depistò immediatamente le indagini diramando una falsa informativa che attribuiva l’attentato al Movimento de Izquierda Revolucionaria, una gruppo guerrigliero cileno di estrema sinistra13.

La collaborazione per l’attentato a Leighton fortificò notevolmente i legami tra la Dina e le formazioni di An e On. Il 20 novembre 1975, in occasione dei funerali di Francisco Franco a Madrid, vi fu un nuovo incontro tra Pinochet, Contreras e Delle Chiaie, durante il quale il capo della Dina corrispose un compenso di 5.000 dollari per l’azione compiuta dagli italiani pochi giorni prima14. Inoltre, il Cile venne confermato un rifugio sicuro per Delle Chiaie e i suoi compagni d’arme nel caso in cui se ne fosse presentata la necessità15. Una situazione che non tardò a verificarsi.

A partire dal 1970, un cospicuo numero di neofascisti italiani espatriò a causa dei primi mandati di cattura emessi dalla magistratura dopo i primi avvenimenti della strategia della tensione. Per molti di loro, la Spagna franchista sembrò essere, data l’affinità ideologica con il regime, il posto più sicuro e, probabilmente, scontato. Pertanto, molti protagonisti di quella stagione si stabilirono nel paese iberico, proseguendo la loro militanza, anche durante il periodo della transizione democratica iniziato dopo la morte di Franco, avvenuta nel novembre del 197516. Dopo aver visto definirsi il ritorno alla democrazia, dal 1976 la “colonia” italiana residente in Spagna iniziò a spostarsi verso il Cile, forti delle relazioni descritte poc’anzi. In alcuni casi il governo cileno aiutò alcuni militanti a espatriare o a eludere la autorità giudiziarie, come nel caso di Sandro Saccucci. Deputato del Msi e militante di Ordine nuovo ricercato dalle autorità italiane per i fatti di Sezze17, fu arrestato in Francia nell’estate del 197618. Rilasciato poco dopo dalla polizia francese, riuscì a riparare a Madrid, ma anche in Spagna rischiava di essere preso in custodia dalle autorità locali. Per salvare Saccucci dall’arresto, d’intesa con i servizi segreti spagnoli, fu fatto partire per il Cile Maurizio Giorgi, militante di On membro del gruppo degli italiani in Spagna, ma l’intelligence iberica garantì alle autorità politiche che l’uomo partito era il deputato missino. Successivamente, la stampa diffuse una notizia secondo cui Saccucci era latitante in America Latina. Questo diminuì la pressione delle autorità su di lui19. Tale operazione, descritta da Vinciguerra, è stata puntualmente confermata da un memorandum inviato dall’agente della Dina Luis Gutiérrez al suo collega Enrique Arancibia Clavel ritrovato durante le indagini per l’assassinio del gen. Carlos Prats. Il documento, datato 27.06.1976, recita:

La presente ha per oggetto l’avvio di un’operazione nera immediata in aiuto dai nostri amici italiani per disposizione diretta del capo della Firma [Manuel Contreras, ndr]. Si tratta di effettuare la seguente manovra: a) Che sulla stampa di questo paese appaia la dichiarazione del deputato Saccucci, che ti alleghiamo e firmata da lui. Si deve far credere che la dichiarazione fu rilasciata apertamente o clandestinamente. […] Che al più presto tu invii a Milano la lettera che alleghiamo, per raccomandata, senza cambiare la busta per nessun motivo. Una volta che la dichiarazione sarà stata pubblicata sulla stampa locale (nel più breve tempo possibile) fare in modo che tramite l’Agenzia di Stampa arrivi ai nostri giornali e in Europa20.

Come accennato precedentemente, a partire dal 1977 il gruppo di latitanti si trasferì in Cile, precisamente a Santiago. Qui, la Dina mise a loro a disposizione un’abitazione in una zona periferica della capitale cilena, nei pressi di Avenida de Los Leones21. Venne inoltre allestita un’agenzia di stampa nel centro di Santiago, denominata Agencia Internacional de la Prensa (Api), costruita su modello dell’Aginter Press22, un’organizzazione di matrice neofascista che operava sotto la copertura di un’agenzia di stampa con sede a Lisbona, con la quale Delle Chiaie ebbe strettissimi legami23. Fondata nel 1962 durante la dittatura di Salazar da Yves Guillou, membro dell’organizzazione di estrema destra francese Organisation Armée Secrète (Oas), l’Aginter Press operava come centro di sviluppo delle dottrine di controinsorgenza e guerra non ortodossa. Con il sostegno della Cia e dei servizi segreti portoghesi, costituì un network tra le forze anticomuniste di Germania Ovest, Spagna, Grecia, Sud Africa e Italia24.

I contatti tra l’intelligence cilena e il gruppo di italiani avvenivano principalmente per mezzo di Contreras e del colonnello Chiminelli, responsabile della divisione «guerra psicologica»25. I componenti dell’Api svolsero, per conto del governo cileno diverse covert actions in Perù26 e in Argentina, sotto il comando del maggiore Raul Eduardo Iturriaga, responsabile della divisione «affari esteri della Dina»27.

Riferimenti alle strette relazioni esistenti tra il neofascismo italiano e la dittatura cilena compaiono anche nelle indagini relative all’omicidio di Orlando Letelier28. I nomi di Alfredo Gorla29 e Remo Sturlese figurano infatti in un documento declassificato dell’Fbi dell’aprile del 1977, secondo il quale i due si sarebbero «vantati» dei loro contatti con la giunta militare cilena. Entrambi avrebbero fatto parte di un’importante formazione neofascista italiana e Gorla in particolare sarebbe ricercato dalle autorità italiane per aver pianificato diversi atti di terrorismo30.

L’omicidio di Leterlier scatenò un’eco di notevoli dimensioni che portò allo scioglimento della Dina, avvenuto nell’agosto del 1977. A seguito di forti pressioni internazionali l’organismo di intelligence fu rimpiazzato dalla Central Nacional de Informaciones31.

L’epilogo della Dina provocò la fine del soggiorno cileno degli italiani: i vertici della neonata Cni, infatti, non erano a conoscenza dei rapporti vigenti tra il governo e suoi “ospiti”; ciò rese il Cile un posto non più sicuro. La sede dell’Api fu smantellata, l’appartamento di Avenida de los Leones abbandonato e la maggior parte dei militanti neofascisti abbandonò il paese andino in direzione di lidi più tranquilli, ma sempre accomunati dalla stessa matrice ideologica che in quel periodo in America Latina, era assai diffusa32.

La ricostruzione dei fatti appena conclusa offre una serie di spunti di riflessione importanti. La dimensione transnazionale del neofascismo si manifesta in modo prorompente, assumendo i connotati di una sorta di “mutualismo nero” che abbraccia due continenti in nome della lotta al comunismo. Una convergenza di interessi che si concretizza nell’attentato a Leighton. Da un lato, l’autorevolezza del politico cileno e la stima di cui godeva spaventavano il regime di Pinochet; dall’altro, la sua funzione di contatto tra Dc e Psi, come evidenziato nel documento precedentemente citato, appariva agli occhi dei neofascisti come una grave minaccia politica. Tuttavia, tale percezione dei terroristi italiani suscita qualche perplessità, in quanto Dc e Psi collaboravano sin dal 1963, seppur con alti e bassi. Un’incongruenza, questa, che evidenzierebbe, da parte dei neofascisti, un’imprescindibile necessità di trovare una giustificazione assiologica nazionale, seppur inconsistente, nell’azione commissionata loro dai cileni.

Interessante appare anche l’azione di depistaggio messa in atto dal Sistema Informazioni Difesa, con la quale si tentò di far ricadere la responsabilità del misfatto su un altro soggetto appartenente alla galassia politica opposta33. Tale operazione ricalca perfettamente il modus operandi utilizzato dai servizi italiani durante la strategia della tensione34. È inoltre doveroso interrogarsi sul perché il Sid abbia depistato le indagini relative a un attentato non direttamente legato a questioni nazionali. In risposta a tale quesito è plausibile ipotizzare, banalmente, che i vertici del servizio abbiano organizzato l’azione congiuntamente con elementi di An e On, allo scopo di salvaguardare quelle che loro consideravano essere risorse per la stabilizzazione politica del paese.

Sul piano internazionale, l’esistenza presso la Dina di una divisione dedicata alla “guerra psicologica” richiama l’attenzione. Quest’ultima, insieme alle operazioni false flag come quella appena descritta, costituisce alcuni degli elementi fondamentali che contraddistinguono un tipo di conflitto che prende il nome di “guerra rivoluzionaria” o “guerra non ortodossa”, ideato per contrastare il mondo comunista, non potendo ricorrere al conflitto convenzionale a causa della minaccia nucleare35. Tale dottrina fu elaborata dallo Stato maggiore francese dopo le sconfitte subite dall’esercito durante le guerre di Algeria e Indocina. Fu ulteriormente sviluppata dalla già citata Oas per poi diffondersi in molti ambienti dell’estrema destra internazionale soprattutto attraverso l’azione dell’Aginter Press36. Questa teoria ebbe una profonda influenza sulle azioni dei neofascisti italiani. Nel 1965 l’Istituto di studi militari Alberto Pollio organizzò il «Convegno sulla guerra rivoluzionaria», a cui presero parte personaggi di spicco del giornalismo, dell’estrema destra, tra cui Stefano Delle Chiaie, e delle Forze Armate37. I dettami della guerra non ortodossa furono recepiti anche dai nostri servizi d’informazione. Un documento in particolare38, inviato dal colonnello del Sifar Renzo Rocca al suo superiore Giovanni Allavena, delineava dettagliatamente quelle che, secondo Rocca, dovevano essere le linee da seguire per un’efficace lotta al comunismo, contemplando tra queste l’utilizzo «della guerra psicologica, della guerra non ortodossa, della lotta clandestina»39.

Di fronte a questi elementi parrebbe lecito ipotizzare che la dimensione transnazionale del neofascismo, che si è provato a ricostruire nelle pagine precedenti nel suo carattere operativo, sottenda anche una componente teorica, il cui tessuto è dato non solo da una scontata affinità puramente ideologica ma anche da paradigmi di azione, pronti a declinarsi territorialmente e a intensità differenti in base alle contingenze.

1 Per «Operazione Condor» si intende un’operazione di intelligence messa in atto dai governi militari del Cono Sur a partire dal 1975. L’obiettivo era l’eliminazione sistematica degli oppositori politici delle varie dittature attraverso il libero transito dei militari e lo scambio di informazioni tra Cile, Argentina, Uruguay, Paraguay Bolivia e Brasile. Sistematico era l’utilizzo della tortura, degli omicidi di massa e delle sparizioni. Cfr. J. P. McSherry, Predatory States: Operation Condor and Covert War in Latin America, New York, Rowman & Littlefield, 2005.

2 J. Dinges, The Condor Years. How Pinochet and His Allies Brought Terrorism to Three Continents, New York-London, The New Press, 2004, pp. 234-235.

3 Vincenzo Vinciguerra, reo confesso della Strage di Peteano del 1972, in cui persero la vita tre carabinieri, si consegnò spontaneamente alle autorità nel 1979. Non si è mai pentito delle sue azioni. Si autodefinì un «soldato politico» e «nemico del sistema», e scelse di collaborare con la giustizia in un’ottica di ricostruzione storica, denunciando, tra le altre cose, la collusione tra neofascismo, servizi segreti e ambienti militari italiani. Le sue testimonianze sono state ritenute particolarmente attendibili dalle autorità giudiziarie.

4 Giovanni Salvi, attuale Procuratore generale di Roma, portò avanti le indagini giudiziarie relative all’attentato di cui fu vittima Bernardo Leighton.

5 Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma, Atti del processo relativo all’attentato a Bernardo Leighton, verbale di sommarie informazioni di persona informata dei fatti, testimonianza di V. Vinciguerra, 15.09.1992, p. 3.

6 National Security Archive, Cia, Intelligence Report «Assassination Efforts Against Chilean Political Exiles in Europe», August 20, 1974.

7 Nel corso degli anni è stata avanza l’ipotesi che Townley lavorasse anche per la Cia. Tuttavia, questa ipotesi non fu mai dimostrata. Durante i processi per l’Operazione Condor, sia la Dina sia la Cia negarono che Townley fosse un loro agente, imputando la sua appartenenza alle schiere dell’altro. Cfr. J. P. McSherry, Predatory States cit., p. 6.

8 P. Kornbluh, The Pinochet File: A Declassified Dossier on Atrocity and Accountability, New York, New Press, , 2003, pp. 340-341.

9 Ibidem, p. 341.

10 J. Dinges, The Condor Years cit., pp. 239-240.

11 Fbi, Interrogation Report, «Attempted Assassination of Bernardo Leighton. October 6, 1975, Rome, Italy», April 9, 1980, in P. Kornbluh, op. cit., p. 377. Traduzione dall’inglese dell’autore.

12 Durante le indagini, Townley e Vinciguerra indicarono Delle Chiaie come responsabile logistico e Pierluigi Concutelli come esecutore materiale. Nonostante oggi la colpevolezza di entrambi sia stata accertata, non è possibile procedere nei loro confronti poiché assolti per insufficienza di prove con sentenza definitiva nei precedenti dibattimenti. Cfr. Tribunale Civile e Penale di Milano, Ufficio Istruzione sez.20a , Sentenza ordinanza pronunciata dal giudice Guido Salvini nel Procedimento nei confronti di Azzi Nico e altri, 18.03.1995, p. 244.

13 Sentenza ordinanza 18.03.1995, p. 243.

14 J. Dinges, op. cit., p. 244. L’incontro tra i vertici della giunta cilena e Delle Chiaie venne anche confermato da alcune missive scritte da Townley durante la prigionia e destinate a un altro agente della Dina, Gustavo Etchepare. Cfr. National Security Archive, «Fbi: Directorate o National Intelligenge, (Dina). January, 21, 1982».

15 Cfr. J. Bale, The “Black” Terrorist International: Neo-Fascist Paramilitary Networks and the “Strategy of Tension” in Italy, 1969-1974, Berckeley, University of California, 1994, capitolo 2.

16 Foia, «CIA,Telegram from US Embassy in Madrid to Secretary of State, Extreme right preparing for November 20?», 15 Oct. 1976. Si veda anche Tribunale civile e penale di Milano, Ufficio Istruzione 20a, Sentenza ordinanza del giudice Guido Salvini nel procedimento nei confronti di Rognoni Giancarlo e altri, 03.02.1998, p. 11.

17Il 28 maggio del 1976 Saccucci tenne un comizio elettorale nella città di Sezze, in provincia di Latina. Durante l’iniziativa ci furono delle violente contestazioni. Da una macchina in fuga furono esplosi due colpi, uno dei quali provocò la morte del giovane militante comunista Luigi Di Rosa e l’altro il ferimento di Antonio Spirito, di Lotta continua. Saccucci, dopo il suo arresto nel 1985, venne inizialmente condannato a 12 anni di reclusione, ma tale sentenza venne annullata dalla Corte di cassazione nel giugno dello stesso anno.

18 Sentenza ordinanza 18.03.1995, p. 82.

19 Tribunale ordinario di Milano, Ufficio del Giudice per le Indagini Preliminari, n. 351/01 Reg. Rog. Gip. Tribunale di Milano, verbale di assunzione di informazioni, 22.05.2002, testimonianza resa da V. Vinciguerra nell’ambito della rogatoria richiesta dal giudice Maria Servini de Cubria per il procedimento per l’omicidio del gen. Carlos Prats.

20 Documento riportato in Tribunale di Buenos Aires. Requisitoria del Pm Maria Servini de Cubria nel processo di appello nei confronti di Arancibia Clavel e altri del 26.06.2001, p. 141. Traduzione dallo spagnolo dell’autore.

21 Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma, Atti del processo relativo all’attentato a Bernardo Leighton, verbale di sommarie informazioni di persona informata dei fatti, testimonianza di V. Vinciguerra, 15.09.1992, p. 3.

22 Cfr. Bale, The Black Terrorist International cit., cap. 2.

23 Cfr. Tribunale civile e penale di Milano, Ufficio Istruzione 20a, proc. pen. 721/88F, interrogatorio dell’imputato Vincenzo Vinciguerra, 07.05.1992.

24F. Ferraresi, Threats to democracy. The radical Right in Italy after the war, Princeton, Princeton University Press, 1996, p. 61. Vedi anche Sentenza ordinanza 18.03.1995, p. 245.

25 Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma, Atti del processo relativo all’attentato a Bernardo Leighton, verbale di sommarie informazioni di persona informata dei fatti, testimonianza di V. Vinciguerra, 15.09.1992, p. 4.

26 Sentenza ordinaria 03.02.1998, p. 372.

27 T. Branch, E. Propper, Labyrinth, New York, Viking Press, 1982, p. 314.

28 Orlando Letelier fu un membro del governo di Salvador Allende. Arrestato dopo il colpo di Stato e rilasciato diversi mesi dopo, riparò prima in Venezuela, per poi trasferirsi a Washington DC. Qui, il 21 settembre del 1976, una bomba esplose sotto la sua automobile. Del suo omicidio fu dichiarato colpevole Michael Townley.

29 Stando alle sentenze relative alla strage della stazione di Bologna, sotto il nome di Alfredo Gorla si sarebbe nascosto Stefano Delle Chiaie. Cfr. Corte di Assise di Appello di Bologna, sentenza del procedimento penale nei confronti di Ballan Marco e altri, 18.07.1990, p. 200.

30 National Security Archive, Cia, «Bombing of Former Chilean Ambassador to the United States, Orlando Letelier» Secret, Cable, April 11, 1977.

31 P. Kornbluh, The Pinochet File cit., p. 180.

32Cfr. J. Bale, The Black Terrorist International cit., cap. 2.

33 Questo tipo di operazioni prendono il nome di false flag.

34 Per i dettagli sulle attività di depistaggio dei servizi d’informazione italiani durante gli anni della strategia della tensione, A. Cento Bull, Italian Neofascism. The Strategy of Tension and the Politics of Nonreconciliation, New York-Oxford, Berghahn Books, 2007, cap. 3.

35 Sulla dottrina della guerra non ortodossa, Tribunale di Milano, Ufficio Istruzione, Sezione 20a, Relazione di perizia, procedimento penale n. 2/92F, 13.03.1997, pp. 87-88.

36F. Ferraresi, Threats to democracy cit., p. 69.

37 Aa. Vv., Atti del primo convegno di studi promosso e organizzato dall’Istituto Alberto Pollio di studi storici e militari svoltosi a Roma nei giorni 3, 4 e 5 maggio I965, Roma, Giovanni Volpe Editore, 1965.

38 Casa della Memoria di Brescia, Aspetti dell’azione anticomunista in Italia e suggerimenti per attuare una politica anticomunista, fascicolo 1962-2-21-32.

39 Ibidem, p. 11.

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