Platone, Epicuro, Marx e gli uomini «aurei»

Platonedi Piergiovanni Pelfer

Epicuro quando parlava di Platone lo definiva ironicamente l’«aureo» Platone. Si riferiva in questo alla chiara legittimazione dell’uso dell’impostura a fini morali, pedagogici e politici nei confronti del popolo, rappresentata dalla nozione platonica di «nobile menzogna», esemplificata dal mito teologico-politico elaborato nel III libro della Repubblica:

Tuttavia ascolta anche il resto del mito. Voi cittadini siete tutti fratelli, diremo loro continuando il racconto, ma la divinità, plasmandovi, al momento della nascita ha infuso dell’oro in quanti di voi sono atti a governare, e perciò essi hanno il pregio più alto; negli ausiliari ha infuso dell’argento, nei contadini e negli altri artigiani del ferro e del bronzo. Dal momento che siete tutti d’una stessa stirpe, di solito potete generare figli simili a voi, ma in certi casi dall’oro può nascere una prole d’argento e dall’argento una discendenza d’oro, e così via da un metallo all’altro. Ai governanti quindi la divinità impone, come primo e più importante precetto, di non custodire e non sorvegliare nessuno così attentamente come i propri figli, per scoprire quale metallo sia stato mescolato alle loro anime; e se il loro rampollo nasce misto di bronzo o di ferro, dovranno respingerlo senza alcuna pietà tra gli artigiani o i contadini, assegnandogli il rango che compete alla sua natura. Se invece da costoro nascerà un figlio con una vena d’oro o d’argento, dovranno ricompensarlo sollevandolo al rango di guardiano o di aiutante, perché secondo un oracolo la città andrà in rovina quando la custodirà un guardiano di ferro o di bronzo.

Platone avrebbe perciò violentemente stigmatizzato i governanti italiani le cui teste non sono nemmeno di metallo ma di coccio. A Napoli, città natale di Lucrezio, che nel suo De Rerum Natura esporrà la dottrina epicurea, città nella quale lo spirito ironico e sarcastico del filosofo greco ancora sopravvive, accanto alle quattro stirpi di uomini, per completare il quadro ne hanno aggiunta un’altra: l’ommo e’ sfaccimma. E mentre gran parte degli uomini aurei dell’establishment mondiale stanno combinando disastri a non finire in tutti i settori della vita, da quello ambientale, a quelli economici e sociali – (che siano di bronzo o di ferro a nostra insaputa?) –, gli ommini e’ sfaccimma cercano di salvarsi facendo, come racconta Marx nel Manifesto, nel capitoletto dedicato al socialismo feudale, come gli aristocratici ai tempi della Rivoluzione francese, che si misero a scrivere libelli contro la società borghese. E Marx così descrive la situazione:

Per tirarsi dietro il popolo, questi aristocratici sventolavano a guisa di bandiera la bisaccia da mendicante del proletariato. Ma ogni qualvolta il popolo li seguì, vide sulle loro parti posteriori impressi gli antichi blasoni feudali e si sbandò scoppiando in rumorose e irriverenti risate.

Per capire cosa questa categoria di uomini individuata dai napoletani sta facendo basta andare sulla rete e cercare alla parola «filantropi». Si trovano informazioni su «La top 10 mondiale dei filantropi», sui «Filantropi di tutto il mondo uniti: progetti per 100 miliardi di dollari l’anno», ecc. La loro presenza invade ormai ogni settore della vita sociale ed economica del mondo intero. Prospettano open societies dove le differenze si annullino e tutto e tutti si uniformino al pensiero unico della globalizzazione, per il quale i filantropi e’ sfaccimma rimangono potenti, ricchi e in grazia di dio e gli altri impotenti, poveri e sfigati, senza sapere a che santo rivolgersi visto che  «la società non esiste, esistono solo gli individui»,  come diceva Margaret Thatcher. La controprova sulle loro vere intenzioni la si ha facilmente: non si è mai sentito uno di questi filantropi e’ sfaccimma prendere posizione e agire contro lo sfruttamento delle risorse dei paesi che ne sono possessori e contro le guerre scatenate per questo; contro il capitalismo finanziario che con la speculazione selvaggia e senza regole distrugge o minaccia di distruggere le economie di paesi, che senza queste speculazioni avrebbero economie solide e sostenibili; contro la distruzione dell’ambiente della Terra, legato a un’economia il cui scopo rimane quello di aumentare indefinitamente la produzione di merci, qualunque siano i loro tipi e qualità. La nostra speranza è che si avveri quanto diceva Marx nel brano citato sopra e, cioè, che leggendo i bilanci delle società di cui questi filantropi sono proprietari si scoprano le vere intenzioni delle loro azioni e con irriverenti e ripetute risate si costringano, almeno, ad agire nell’ombra e nell’anonimato. Non vedere le loro facce su ogni tipo di media sarebbe già una piccola consolazione.

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