1 Maggio 2006
pubblicato da Il Ponte

Siena tra fedeltà e innovazione

Numero 5 maggio-giugno 2006 Prezzo € 15.00

SienaLa vittoria del centrosinistra alle elezioni del 9-10 aprile, per quanto difficoltosa e sofferta, ha dischiuso una nuova fase nella vita politica dell’Italia. Ora si tratterà di governare con la determinazione e la chiarezza che il programma elaborato dall’Unione permette. Nessun programma, anche se coerente e calibrato, conferisce di per sé forza ed efficacia. In democrazia è l’opinione pubblica che ha un ruolo decisivo, malgrado le manipolazioni mediatiche e le manovre dei poteri occulti. Gli appuntamenti in calendario configurano una sorta di percorso a tappe che, se non è piegato a verificare stabilità e consenso della coalizione vincente, può o meno corroborarne le intenzioni, avvalorarne gli obiettivi, contribuire a un decollo diffuso e credibile del desiderato new deal. Il referendum confermativo – previsto per il prossimo giugno – circa l’aberrante modifica della Costituzione, varata con una faziosa logica di maggioranza, sarà un passaggio fondamentale e richiederà un grande impegno soprattutto da parte di chi ai temi costituzionali ha sempre assegnato un’importanza assolutamente prioritaria. A fine maggio – il 28-29 maggio – sarà chiamato alle urne un buon numero di cittadini per eleggere Consigli comunali e provinciali. Nel clima che si è creato l’appuntamento assume un valore che va al di là dell’oggetto. È sempre stato cosí, in un’Italia che purtroppo è costretta a non dare alle scadenze e alle scelte il secco significato che di per sé hanno. Oggi lo è ancor di piú. La nostra rivista, che non per la prima volta incentra un suo fascicolo sui temi piú rilevanti di una città e di un territorio, con questo speciale dedicato a Siena intende prender parte a una discussione generale e proporre un metodo utile.

Le città sono una ricchezza straordinaria della cultura italiana, dell’articolazione istituzionale del paese, ma anche del suo sistema economico e sono momenti essenziali di espressione della società civile. Si potrebbe risalire a Carlo Cattaneo e giú giú rifarsi a tutta una letteratura, animata da autentico federalismo e da sana consapevolezza delle diversità, per suffragare una tale valutazione. Il voto amministrativo e la partecipazione alle decisioni che investono una comunità non hanno rilevanza politica perché influiscono, piú o meno direttamente, nelle prospettive nazionali o sono utilizzabili come test di verifica dell’evoluzione dei rapporti tra i partiti. Il governo di una città o di un’area metropolitana è di per sé un evento nel quale prendono corpo idee, impulsi, linee e posizioni destinate a concorrere agli sviluppi della società nel suo insieme.
I confini della città non hanno piú la rigidità e la definizione di una volta. Pensare una città, con i suoi caratteri peculiari e i suoi tipici dilemmi, conduce a esaminare in un contesto problemi che appartengono a tutti e conducono non solo all’Italia, ma all’Europa e alla sua difficile integrazione. Il caso Siena è da questo punto di vista esemplare. Si tratta di una città media per densità demografica, ma contiene questioni che rimandano a problematiche di grande respiro e di vivissima attualità. Il fascicolo che abbiamo preparato non ha alcun intento immediatamente propagandistico e tanto meno elettoralistico.

Continua a leggere →

1 Luglio 2002
pubblicato da Il Ponte

Una terra chiamata Palestina

Numero 7 luglio 2002 Prezzo € 10.00

PalestinaLa questione palestinese (o israeliana) si è sempre dipanata fra due ipotesi: l’integrazione o la spartizione. È dai tempi delle prime colonizzazioni sioniste, e poi dall’amministrazione inglese nel periodo fra le due guerre, che ebrei (israeliani) e arabi (palestinesi) si sono attratti o respinti a vicenda, con uno sfoggio ininterrotto di violenza, ma nello stesso tempo hanno formulato o immaginato progetti unitari. Che cos’è il sogno dell’ Eretz Israel, il Grande Israele, se non il tentativo di realizzare pienamente il sionismo, unificando il territorio della Palestina (se del caso espellendo o relegando i palestinesi in un ruolo minoritario o infimo)? Anche la meta ultima della Palestina democratica e secolarizzata, tratteggiata dalla vecchia Carta dell’Olp, deprecata oltre i suoi pur pesanti limiti concettuali (termini come «laico» o «democratico» vi erano definiti malamente e il richiamo alla nazione o patria araba quale alveo naturale, in assenza di una chiara enunciazione dell’esistenza di una “nazione ebraica”, contrastava con il concetto di Stato «binazionale»), inseguiva, quantunque confusamente, lo schema integrativo.

Partendo da un’ostilità preconcetta e dall’inclusione in sfere di sovranità, ambiti culturali e mercati differenti, con frontiere e tutto il resto, i due popoli, di guerra in guerra, si sono sempre piú integrati, sul territorio (da cui sono scomparsi i confini, sostituiti da “linee verdi” labili e spezzettate) e nell’economia, e persino nei comportamenti, mentre la politica si è andata adattando piuttosto all’ipotesi della divisione. Senza però che i vantaggi e i rischi della spartizione abbiano fatto dimenticare le poste speculari dell’integrazione, e viceversa. A questi problemi, alle prospettive che si pongono, alle possibili soluzioni, questo numero, curato da Giampaolo Calchi Novati, cerca di dare una risposta.

Scritti di: Alberto Benzoni, Giampaolo Calchi Novati, Maria Antonia Di Casola, Pier Giovanni Donini, Joe Golan, Laura Guazzone, Nemer Hammad, Marco Maestro, Anna Maria Medici, Donald Moerdijk, Marcello Rossi.