nazioni società nazionalismi socialismi

Numero 5-6 maggio-giugno 2012 Prezzo € 10.00

nazionalismi socialismiLa realtà della nazione riguarda una porzione di tempo alquanto ristretta. Se ci limitiamo al contesto europeo – quello che sostanzialmente è al centro di questo numero – lo si può misurare nel giro di due secoli. Si guardi l’atlante storico dell’Europa alle soglie del XIX secolo. Vi troveremo sette Stati-nazione (Francia, Portogallo, Spagna, Gran Bretagna, Paesi Bassi, Danimarca, Svezia). Di questi: il Portogallo era multietnico; Francia e Paesi Bassi avevano percentuali alquanto insignificanti di minoranze; i rimanenti erano Stati multietnici governati da un’unica nazione. Il resto della cartina d’Europa era occupato da tre imperi multietnici (ottomano, asburgico, russo). Un quarto impero (quello polacco-lituano) era da poco scomparso.

La situazione a oggi prevede una quantità di Stati in cui si intrecciano e coabitano sia Stati multietnici governati da un’unica nazione (Spagna, Gran Bretagna), sia Stati la cui legittimità in quanto luogo unificato è messa in discussione (Italia, Belgio, p. e.), sia, infine, realtà statali a forte identità etnica, risultato di disaggregazioni nazionali precedenti o di forti e profondi conflitti politici, e talora anche armati, comunque caratterizzati da un connotato di violenza e di reciproca intolleranza. È il caso della ex Jugoslavia, ma anche della Romania, dell’Ungheria e anche della Russia.
Come sostiene lo storico boemo Miroslav Hroch, il nazionalismo è un atteggiamento mentale che conferisce priorità assoluta agli interessi e ai valori della propria nazione rispetto a qualsiasi altro interesse e valore di altre nazioni. Laddove la nazione è stata prevalentemente definita su tre dati essenziali: la memoria di un passato percepito dal gruppo come un destino; il solido intreccio di legami linguistici e culturali che fonda una capacità di comunicazione sociale piú alta dentro il gruppo che al suo esterno; la concezione dell’eguaglianza di tutti i membri del gruppo organizzato in quanto società civile.


Molti di questi elementi li ritroviamo nelle esperienze culturali, politiche e di mobilitazione che caratterizzano il Novecento europeo. In particolare in quelle aree periferiche o ritenute marginali rispetto alla questione nazionale cosí come viene dibattuta nel movimento socialista internazionale nei decenni a cavallo tra XIX e XX secolo.
A lungo all’interno del movimento socialista è prevalsa la convinzione che quella della nazione fosse una dimensione marginale, propria di un processo di liberazione e di autonomia che coinvolgeva gli attori politici e sociali dei grandi aggregati imperiali sovranazionali o che si limitasse a essere una questione regionale e di area geografica oppressa (dapprima la questione irlandese o polacca, poi l’Europa balcanica). La Prima guerra mondiale ha tolto la marginalità e ha indotto molti studiosi a delineare una parabola, che ha il suo punto di svolta nell’eclissi dell’internazionalismo e nel trionfo della sensibilità (o della responsabilità) nazionale.
Ma con questo non poteva considerarsi chiusa l’indagine intorno all’intreccio tra nazioni e nazionalismi, tra società nazionali e movimenti sociali, che nel movimento socialista, in quello cooperativo o in quello sindacale, e nelle stesse esperienze di governo dei movimenti operai, si riconoscevano. Soprattutto si trattava di assumere un dato: abbandonare l’intervallo temporale entro il quale solitamente si colloca la discussione su socialismi e nazione e spostarla oltre quel tempo (dagli anni tra le due guerre al secondo dopoguerra e a tutta l’esperienza dei diversi socialismi reali), valutando modi, linguaggi, politiche, culture attraverso cui prendono forma e si definiscono il sentimento di appartenenza nazionale e la sensibilità verso la nazione, vissuti, provati e coscientemente percepiti da parte di quegli attori politici, economici, sociali.

Gli studi riuniti in questo numero vogliono rispondere a questo quesito: come si riformula la questione nazionale, come viene vissuto il sentimento nazionale, come prende corpo nelle pratiche sociali, culturali, associative del movimento operaio, socialista e sindacale dall’epoca della Seconda Internazionale e dopo di essa. Si entra in un tempo in cui quel tema e quella discussione paradossalmente scompaiono per attestarsi sul solo fronte dell’antimperialismo o delle lotte di liberazione dei movimenti coloniali e dunque per collocarsi spesso lontano dall’Europa. E tuttavia quel sentimento di appartenenza nazionale e quel vissuto identitario si impiantano proprio in quegli anni in Europa: talora come eredità non risolta di questioni e di politiche, certamente di sensibilità che già erano presenti alla fine dell’Ottocento, tal altra come riscoperta di una diversa visione e identità della nazione; talora come risposta ai fenomeni di migrazione o di presenza di manodopera straniera che riaccende il conflitto politico all’interno del mondo del lavoro, tal altra come idea di ricostruzione dell’identità collettiva che passa attraverso l’esperienza della Resistenza, come rivendicazione di una identità nazionale autentica; infine attraverso la crisi e poi il crollo dei regimi comunisti che ripropongono idee, immagini, parole in precedenza “governate” nel linguaggio e, piú generalmente, nelle culture dei sistemi politici egemoni nel secondo dopoguerra.
La costituzione e l’organizzazione dei lavoratori come classe e come movimento e i rapporti con la crescita, il consolidamento, la rimessa in discussione degli Stati nazionali, determinano dunque un campo di possibilità e di scelte, tra appartenenze e conflitti, che smentiscono, nella storia degli ultimi due secoli, ogni presunzione di separatezza tra processi che assumono come riferimento diverse visioni delle società in cui si producono, che ricorrono a parole diverse (la nazione, la classe) per definire il senso di quelle società, ma che, nell’epoca della politica e della partecipazione pubblica di massa, sono reciprocamente condizionati, contaminati, usati (anche se spesso è difficile stabilire “chi usa chi?”), e si alimentano ciascuno delle culture dell’altro.

Nazione e lavoro, questione nazionale e questione sociale, nazionalismi, socialismi, nazioni piú o meno proletarie, socialismi nazionali, ecc., sono stati i diversi modi di formulare e di raccontare intrecci complicati o in apparenza inestricabili. Per questo numero abbiamo scelto alcuni contesti – nazionali, regionali, migratori – e abbiamo anche voluto dedicare un certo numero di schede ad alcuni tentativi importanti, nella ricerca storica e sociale, di pensare questo genere di questioni.

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